Sandro Tonali ricorda quel rifiuto all’Inter. Le parole del centrocampista, ancora legatissimo ai colori rossoneri

Sandro Tonali torna a parlare. Lo fa dalle colonne di La Repubblica. Il centrocampista italiano, volato a Newcastle, dopo l’esperienza al Milan, è rinato a nuova vita, una volta tornato dalla squalifica. E’ una persona diversa quella che ha affrontato un percorso importante per mettersi alle spalle la ludopatia:
“Nei mesi lontano dal campo ho passato tanto tempo con lo psicologo. Il suo lavoro era farmi capire come ci ero caduto. Di solito lo si capisce nel momento in cui si perde qualcosa: famiglia, lavoro, stipendio. Invece nel mio caso la disponibilità economica non mi ha fatto accorgere della serietà della cosa“.
“È stato un lavoro di recupero difficile – prosegue Sandro Tonali -. Non potevo prendere farmaci specifici, perché col 95% di quelli sarei risultato positivo all’antidoping, così è stato tutto un percorso mentale: durato mesi, con psicologo e psichiatra. Nei primi due mesi ero staccato da tutti, poi rientrando nella vita, allenandomi tutti i giorni senza avere la partita, ho capito che pagavo per quello che avevo fatto”.
No all’Inter: il racconto di Tonali

Nel corso della lunga intervista, si parla inevitabilmente di calcio e di un amore nato da piccolino: “È stato uno dei primi sogni e mi è bastato: gli altri li ho lasciati stare. Da bambino, nel Lombardia1 a Milano, ero il più bravo e a Piacenza anche, malgrado fossi il più basso. Invece al Brescia ho dovuto superare delle difficoltà. Ma la passione, il divertirmi e riuscire a fare cose che gli altri faticavano a fare, mi ha permesso di capire che ero più bravo della media”
Arriva, poi, una battuta sul Milan e sul quel no ai nerazzurri: “Mi è capitato di pensare a quando potevo andare all’Inter. Non l’ho mai accettato: non perché non sia una squadra forte, ma non mi reputavo felice al 100%. Ogni giorno se ne parlava. Sentivo il mio procuratore e i dubbi erano grandi. La montagna che non volevo scavalcare. La chiamata di Paolo Maldini ha cambiato tutto, mi ha fatto felice e ho detto: “O vado al Milan o resto al Brescia”.
Un amore che viene da lontano: “Me l’ha trasmesso mio papà, questo legame col Milan. Facevo colazione con la tazza rossonera di Gattuso e quando si è rotta ho costretto mia mamma a sistemarla pezzettino per pezzettino. Quando il trasferimento si è concretizzato, ho chiesto a Rino il permesso di indossare la sua n° 8”