Che lucidità Jannik Sinner. Così il campione altoatesino si è messo a nudo agli Us Open raccontando tutta la verità.
Sono lontani i tempi in cui i detrattori credevano che Jannik Sinner non avesse futuro. Che fosse destinato a rimanere un giocatore mediocre perché poco incisivo nei momenti topici e perché troppo fragile dal punto di vista fisico. I fatti hanno ampiamente smentito, nel tempo, tutte queste teorie. Non solo l’azzurro si è irrobustito, ma ha anche dimostrato di avere una forza mentale che ha fatto di lui un campione vero e proprio.
E sarà anche arrivato in vetta al monte Atp, ma questo non significa che il suo viaggio sia finito. Sa bene, il numero 1 del mondo, che un tennista deve prendersi cura di sé giorno dopo giorno, senza mai mollare la presa. Tanto è vero che non c’è intervista in cui non dichiari che deve migliorare questo o quell’altro fondamentale, certo com’è che si possa sempre fare di più. Non esistono limiti per l’inarrestabile Sinner, che abbiamo più volte visto, in passato, correre sui campi d’allenamento, dopo aver vinto una partita, per provare schemi e colpi in cui riteneva di non essere stato all’altezza.
Del resto è proprio questo il segreto del suo successo, della sua incredibile ascesa. Jannik non sarebbe il re incontrastato del circuito, se non fosse lo stacanovista che è. Se non avesse fatto tutto ciò che era in suo possesso per limare quegli aspetti del suo gioco e del suo corpo che non erano ancora al top. E quali siano questi aspetti lo ha ammesso proprio lui, nei giorni scorsi, in una delle tante interviste rilasciate a margine degli Us Open.
Campioni si diventa in 3 step: parola di Sinner
Sinner ha parlato del processo affrontato con il suo team spiegando, innanzitutto, che un atleta, a suo avviso, migliori solo nel momento in cui si spinge al limite. A quel punto ha elencato, nello specifico, le migliorie per effetto delle quali ritiene di essere diventare il numero 1.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile, ha dichiarato, se non avesse lavorato sodo e a lungo sul suo corpo. Mingherlino com’era aveva bisogno di mettere massa e muscoli, per poter reggere i ritmi forsennati del circuito maggiore e competere ai livelli ai quali è ormai abituato. Crede, poi, che una delle chiavi di volta sia stato il miglioramento ottenuto sul fronte del movimento.
Indispensabili sarebbero stati, infine, i progressi riscontrati al servizio, che fino a qualche tempo fa era un po’, come si ricorderà, il suo tallone d’Achille. Oggi gestisce questo fondamentale con maggiore sicurezza ed è questo, probabilmente, ad aver fatto la differenza. Ad avergli spalancato, una volta per tutte, le porte del successo.