L’intervista a Marco Bucciantini sulla situazione attuale del Milan: l’episodio Theo-Leao, la gestione Fonseca e tanto altro ancora.
La squadra rossonera ha avuto un inizio di stagione al di sotto delle aspettative, non ci sono dubbi. Nelle prime 3 giornate ha conquistato solamente 2 punti e iniziano già a emergere delle critiche.
Paulo Fonseca non è ancora riuscito a far applicare le sue idee di calcio ad una squadra che continua ad avere i problemi difensivi del passato (6 gol subiti in 3 partite). Il comportamento di Theo Hernandez e Rafael Leao in Lazio-Milan ha fatto anche pensare che l’allenatore non abbia il totale controllo dello spogliatoio. La dirigenza è chiamata a gestire bene ogni cosa in questo momento non ci si possono permettere fratture interne. Della situazione del Diavolo abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Marco Bucciantini.
MilanLive intervista Marco Bucciantini
Partiamo dal “caso” Theo-Leao, che idea ti sei fatto di questa vicenda?
“Il caso è stato già stato ricomposto. L’allenatore e la società in modo probabilmente saggio hanno deciso che non è il momento di restare su una polemica, ma di andare avanti, accettando il comportamento dei due, che rimane bizzarro anche volendo credere alle parole di Theo. Il caso è ricomposto, rimane l’impressione che ci sia qualcosa che non va. Il problema non è chiuso. E non è chiuso neppure il problema generale di come il Milan voglia stare in campo“.
Cosa pensi della decisione di Fonseca di escludere i due giocatori dalla formazione titolare contro la Lazio?
“Non giudico più chi gioca nel Milan, ma come gioca il Milan. Non guardo più chi viene scelto, ma guardo cosa fanno. Per me, non è più un fatto di nomi, ma di un atteggiamento di squadra che dimostri che il Milan abbia capito quali siano i suoi problemi: non legati al rendimento individuale ma al comportamento d’insieme degli individui, al sapersi associare in ogni fase del gioco. Al vibrare insieme sia attaccando che difendendo. Questo secondo me è il problema principale del Milan. Qualsiasi scelta, anche impopolare e forte, la valuto per come funziona. Nel primo tempo a Roma aveva un po’ funzionato, poi nel giro di 5 minuti della ripresa la squadra ha perso la bussola, ha subito due gol e potevano essere anche tre. A quel punto sono serviti i migliori in campo e così hanno portato al pareggio. Per questo, Lazio-Milan non è stata una partita che ha offerto una soluzione, ma mi racconta che Fonseca è disposto a tutto per trovarla. È disposto a mettersi in gioco e a rischiare, ha avuto un atto di coraggio. Il Milan deve essere squadra, ma deve anche essere forte. Se hai qualche giocatore sopra la media, devi trovare il modo di guidarlo a un concetto di squadra“.
Fonseca e il modulo
Quale potrebbe essere una soluzione per cambiare in meglio il Milan?
“C’è bisogno di lavorare tanto per trovare un modo di stare in campo più credibile. Servono le idee giuste e l’esercizio per ripeterle con continuità dentro la partita, in tutte le fasi e in tutti i momenti. Io da tempo sono dell’idea che il Milan debba giocare con un centrocampista in più. Ma non con uno a cui chiedi di fare l’attaccante, come Loftus-Cheek, ma con uno che faccia davvero il centrocampista. Quando hai Leao, Pulisic e un attaccante la squadra è a posto nel reparto offensivo, aggiungendo avanzamenti, incursioni. Ma è evidente che l’indole, forse le caratteristiche irrimediabili di alcuni giocatori (fra i più forti) sbilanciano la squadra. Forse con un uomo in più in mezzo hai una maggiore copertura del campo. Quando ha vinto lo Scudetto, il Milan aveva Tonali che giocava in copertura di ciò che succedeva sulla fascia sinistra. Da qualche tempo lì in copertura non c’è nessuno. Loftus-Cheek non sta facendo né il centrocampista né l’attaccante, sta facendo il fantasma. Aggiungo anche che dubito che le caratteristiche dei giocatori siano valorizzate da un possesso palla “conservativo”: il Milan deve correre. E deve farlo senza perdere le distanze e i concetti, deve farlo di squadra“.
Fonseca ha sempre avuto il 4-2-3-1 come modulo preferito, potrebbe non essere stata la scelta migliore puntare su di lui?
“Alla Roma partì con il 4-2-3-1, poi non riuscendo a sostenerlo è passato alla difesa a tre giocando una grande parte centrale del campionato. Fu capace di cambiare, quindi è sicuramente un allenatore duttile. Fonseca da anni fa buona figura nel calcio internazionale, qualche stagione è andata bene e qualcuna meno. Colpisce che il Milan abbia fatto questa scelta nell’anno in cui erano liberi tecnici come Thiago Motta, Sarri, De Zerbi e soprattutto Conte. Su quei nomi i tifosi avevano le idee più chiare, mentre su Fonseca non c’è ancora un giudizio conclusivo nonostante sia un allenatore conosciuto. Nel momento in cui lo scegli, devi proteggerlo e permettergli di capire come risolvere i problemi. Gli devi dare tempo e lo devi aiutare quando fa scelte forti come quell’Olimpico. Lo devi difendere come quando vedi delle reazioni come quelle di Theo e Leao. Spero che in qualche modo la società in privato sia intervenuta per difenderlo, per legittimarlo, in un momento in cui, togliendo i migliori dai titolari, si è preso un rischio forte, si è accorciato il tempo per risolvere i problemi perché certe scelte se vanno bene ti danno forza ma se vanno male di espongono”.
L’assenza di Ibrahimovic e il calciomercato del Milan
Ibrahimovic non c’era all’Olimpico, ritieni che abbia scelto il momento sbagliato in cui essere assente?
“È diventato il momento sbagliato. Perché se a Roma finisce 2-2, senza quella scena Theo-Leao, avresti affrontato la critica dei soliti due gol subiti e quel risultato avresti potuto raccontarlo in un altro modo, con qualche evidente passo avanti rispetto a Parma. L’assenza è diventata è importante a causa di quell’episodio. Per il ruolo che ha Ibrahimovic, è in questi momenti in cui deve contribuire a costruire un senso di squadra e di identità. Lui deve esserci. I giocatori non hanno bisogno delle conferenze stampa del semi-Dio, bensì di una presenza. In questo momento, Ibra deve respirare assieme alla squadra. Poi, quando la squadra funziona, può anche saltare qualche partita. In generale, penso che il Milan ancora non abbia ben capito quanto ha perso cambiando alcuni dirigenti. È più facile capire (ti aiutano le statistiche, le impressioni) quanto perdi quando cambi un attaccante o un allenatore, è più difficile capire ciò che perdi quando se ne va Paolo Maldini. Credo che qualcuno a Milanello e allo stadio lo abbia compreso un po’ alla volta Maldini è un dirigente che avrebbe tutti gli argomenti per sentirsi un Dio, ma si era messo a disposizione come uomo, come professionista e come milanista. Credo che il suo sguardo avesse una reale forza negli altri, nei giocatori, nell’ambiente intero”.
Che idea ti sei fatto della proprietà e della dirigenza?
“Non mi sono ancora fatto un’idea particolare. Hanno attuato un progetto per avere un Milan competitivo e sistemare i conti, in questo ci stanno riuscendo. Il Milan è competitivo, è stabilmente in Champions League, e ha un bilancio a posto“.
Ti è piaciuto il calciomercato estivo del Milan?
“Sì. Sono arrivati giocatori importanti. Sono convinto che Fofana potrà dare tanto a questa squadra. Morata è uno dei numeri 9 più forti del calcio europeo, se sta bene migliora il Milan e i suoi compagni. Sa giocare bene con gli altri e permette soluzioni sia palla a terra sia a palla alta. Però, l’unica vera grande curiosità è contare i minuti di Camarda. Questi minuti rappresentano molto del senso di appartenenza e di identità di un club. Ora sta giocando con Milan Futuro, ma non voglio che si senta lontano dalla Prima Squadra. Certo, un attaccante di riserva serviva e allora eccoci all’errore: l’acquisto di Jovic è stato sbagliato perché ti ha costretto un anno dopo a prendere Abraham per rimediare, dato che sentivi troppo grande quella parte per Camarda. Sicuramente quella parte non può farla Jovic e così hai dovuto sacrificare Saelemaekers, che invece avrei tenuto almeno fino a gennaio, uno volenteroso come lui poteva darti qualcosa in termini di equilibrio“.