Sinner, la notizia del ritiro è stata una mazzata vera e propria: delusione cocente, difficile da mandar giù.
Non si è trattato di un capriccio, ma non è neanche stato certo sin dall’inizio di voler fare quello e nulla più. Alla decisione che si è poi rivelata decisiva per la sua vita è arrivato piano piano, strada facendo. Ha maturato questa consapevolezza nel tempo, progressivamente, dopo aver provato di tutto un po’. Ed è stato in quel frangente che ha scelto, al bivio cruciale, la via del tennis.
Prima ancora di interessarsi a racchette e palline, Jannik Sinner faceva tutt’altro. Aveva giocato a calcio, ma gli piaceva ancor di più lo sci, com’è giusto che sia per un ragazzino cresciuto tra le splendide vette dell’Alta Pusteria. Ancora oggi, nel poco tempo libero che gli resta, fa sempre in modo di tornare a casa per poter indossare tuta e scarponi e correre a rispolverare le sue vecchie passioni.
Anche in quel campo, così si dice, sarebbe stato destinato a grandi cose. Lo afferma chiunque lo abbia visto sciare, a riprova del fatto che il talento di Sesto abbia un’attitudine naturale allo sport. Attitudine di cui si accorse prima di tutti, in tempi ancora non sospetti, Heribert Mayr. Che, per chi non lo avesse mai sentito nominare, è stato il primo vero allenatore di tennis del nuovo numero 1 del mondo. Prima ancora di Riccardo Piatti, prima ancora che nel suo box arrivasse Simone Vagnozzi, c’era lui a coltivare quella “piantina” di passione e di talento.
Ritiro Sinner, che delusione
Era del tutto scontato, quindi, che ci fosse anche il suo nome, nella lista degli invitati che, lo scorso martedì, sono stati ammessi a partecipare alla grande festa in occasione di Sinner svoltasi a Sesto.
Mayr allena ancora e di giovani promesse ne vede tutti i giorni, ma non ha mai dimenticato l’emozione di lavorare con un campione in erba del calibro di Jannik. “L’ho incontrato quando aveva 7-8 anni e subito si vedeva che aveva qualcosa in più degli altri – ha raccontato a Fanpage – L’ho allenato fino ai 13 anni, poi è andato via da qui. Tutto è cambiato: a un certo punto lui era il campione italiano di sci, eravamo in Primavera e mi disse di aver preso una decisione, ci restai male quando disse ‘Smetto con lo sci’, la sua vita era basata su quello, e fortunatamente è andata bene”.
“Cosa riuscì a capire subito? La cosa che aveva fin da piccolo era la capacità di leggere il gioco dell’avversario – ha aggiunto – aveva una grande visione di gioco e non dovevo spiegargli nulla, gli veniva tutto naturale”. Proprio come naturale gli è venuto conquistare quella vetta che gli pareva inarrivabile e dalla quale difficilmente qualcuno riuscirà a schiodarlo.