Sono giorni caldi per il Milan. La scelta del nuovo allenatore ci farà capire tante cose, ci dirà cosa rappresenta davvero Ibra per il Diavolo
Ha deciso di sfidare la storia. Una storia gloriosa, ricca di successi e di amore per il Milan, ha deciso di mandar via l’anima e il cuore del Diavolo, convinto di poter migliorare il club rossonero.
A quasi un anno di distanza, la scelta di Gerry Cardinale di esonerare Paolo Maldini non ha certo pagato. La leggenda del club rossonero – lo ricordiamo – è stato cacciato come uno qualunque con la motivazione, in sostanza, di essere incapace di lavorare in team.
“Maldini è un gentiluomo, una persona attaccata al Milan e che al Milan ha fatto bene. Noi però seguiamo un modello un po’ innovativo, almeno per l’Italia, di gestione del club, che sta a cuore al nostro azionista e che ci porta a considerare tutte le nostre attività come collegiali: si lavora in team. In questa organizzazione abbiamo avuto l’impressione che Paolo si sentisse a disagio, e quando si è a disagio è meglio separarsi”. Parole queste di Paolo Scaroni, con cui di fatto liquidava la bandiera rossonera.
Oggi, a quasi un anno di distanza, fa riflettere quanto detto dal numero uno del Diavolo. Con l’addio del Direttore Tecnico, in base a quanto è stato detto, ci si aspettava un “team” unito che lavorasse all’unisono al fianco del proprio allenatore.
In questi giorni, invece, è arrivata la conferma che la realtà è totalmente un’altra. Stefano Pioli alla vigilia del derby, una partita fondamentale per il Milan, e dopo la pesante eliminazione dall’Europa League per mano della Roma, era solo. Non aveva nessuno vicino a sé, nessun dirigente presente a Milanello, nessuno a sostenerlo.
Non serve certo ricordare la presenza costante a Carnago di Maldini e Massara. Lo hanno sempre detto i giocatori di quanto fosse importante avere due figure come loro al centro sportivo. Un vuoto questo rimasto tale, anche con l’arrivo di Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese, infatti, da quando è tornato di fatto in rossonero, non è stato una presenza costante a Milanello.
Ma il “team” che sarebbe dovuto essere più unito senza Paolo Maldini sta mostrando le sue crepe anche in queste ultime ore nella decisione di affidarsi ad un nuovo allenatore.
Tutti, ormai, hanno capito che all’interno di Casa Milan ci sono più anime, ognuno con la propria idea. All’Inter dopo l’addio di Antonio Conte, come raccontato da Marotta, ci hanno messo due secondi per soffiare alla Lazio Inzaghi. Tutti d’accordo, tutti con un’idea comune. Lavorare da ‘team’, con la spartizione delle competenze è corretto, ma serve un’anima forte che possa indirizzare il resto della squadra, così da poter avere un’idea comune.
Oggi al Milan, che vive la squadra giornalmente, non è ben chiaro chi comanda. Gerry Cardinale, da proprietario intelligente, ha scelto giustamente di delegare, ma sarebbe servita una figura forte, con le giuste competenze, alla quale il “team” debba fare riferimento. Serve un’unica anima.
C’è la speranza e la convinzione che tutto ciò possa essere incarnato da Zlatan Ibrahimovic. Dalla scelta del nuovo allenatore capiremo se è davvero così perché, dopo qualche mese di giusto apprendistato, è arrivato il momento di essere davvero protagonisti. Servirà fare chiarezza, servirà metterci davvero la faccia per prendersi il Milan e diventare il punto di riferimento di questo club che ha perso il suo vero spirito.
Ibra da adrenalina deve diventare il cuore pulsante giornaliero di questo Milan o Gerry Cardinale sarà chiamato a nuovi cambiamenti, non solo in panchina. Perché è evidente che i problemi del Diavolo non possono essere riconducibili solo al suo tecnico. Bisogna, però, fare in fretta: l’Inter – nonostante i suoi guai finanziari – ha un’anima sola che lavora in un’unica direzione e il gap sta aumentando invece che ridursi.