Maldini voleva Messi al Milan: “Ci provai per 10 giorni”

L’ex giocatore e dirigente rossonero è stato ospite a PoretCast e ha parlato della sua lunga carriera spesa nel mondo del calcio.

Paolo Maldini è stato invitato da Giacomo Poretti a PoretCast, il suo vodcast che si svolge presso il Teatro Oscar di Milano. Arrivato sul palco, è stato ricevuto con grandi applausi e anche con un coro.

Maldini voleva Messi al Milan
Leo Messi al Milan: il retroscena di Paolo Maldini (Ansa Foto) – MilanLive.it

Tante le domande e i temi durante la puntata. Si è parlato del concetto di bandiera, sempre meno importante nel calcio moderno: “Per un calciatore – riporta Numero-Diez.com è sempre più difficile restare tutta la carriera in una squadra. Io ho iniziato nel 1984/1985 a giocare in Serie A e allora non era comune andare all’estero oppure cambiare squadra. Era diverso. Io ho avuto la fortuna di trovare un presidente e una squadra che mi hanno permesso di rimanere nella stessa squadra. Essere amato da tutti deriva anche dal fatto di aver disputato quattro Mondiali e aver rappresentato l’Italia“.

Maldini parla anche di Leao e Messi

Maldini non ha vinto né l’Europeo né il Mondiale con la nazionale maggiore. Avrebbe potuto alzare la Coppa del Mondo 2006: “Lippi mi chiese di andare – racconta – ma risposti che non ce la facevo. Iniziavo ad avere qualche dolorino e volevo stare al meglio negli ultimi anni della carriera“.

Paolo ha ricordato i suoi inizi e il fatto di aver dovuto aspettare i 10 anni per essere tesserato dal Milan: “Ho atteso quell’età per fare un provino. Mi chiesero quale ruolo facessi è risposi ‘Che ruolo libero c’è?’. Cominciai da ala destra, poi a 14 anni sono diventato difensore. Mi fece firmare Fausto Braga, nella sua relazione c’era scritto che non stavo mai fermo“.

Ha risposto anche sulla differenza tra il ruolo di giocatore e quello di dirigente: “C’è tanta differenza. In un caso puoi determinare il risultato e nell’altro lo subisci. Puoi solamente parlare con i calciatori, per me era difficile. Io e Massara soffrivamo, però io mi agitavo e lo stringevo. In campo se perdi sei a terra, se vinci hai tanta adrenalina. Allenatore? Non lo farò mai, non lo sento mio. Anche se avendo avuto molti allenatori ho appreso tante lezioni dai migliori, bisogna avere tanta voglia. Ora più di prima bisogna saper gestire i ragazzi“.

Alla leggenda rossonera è stato chiesto di Rafael Leao, uno sul quale ha creduto tanto anche quando molti pensavano che non sarebbe mai diventato un grande giocatore: “È un grande talento, ha qualcosa di importante. Mi ha chiesto di far uscire il suo disco due giorni prima della partita, gli ho detto che non era un problema ma che avrebbe dovuto segnare due gol il sabato. Non segnò, ma fece assist. La cosa più bella di questi anni sono proprio i rapporti personali. Lui è arrivato dal Lille, era un grande talento ma aveva ancora da dimostrare. Il rapporto che si crea con i giocatori è la cosa più bella che ti rimane, più dei trofei delle partite vinte. Sono sempre rapporti personali, ti metti a disposizione per formare dei ragazzi“.

Inevitabile parlare di futuro, considerando anche le voci che lo danno nel mirino di Al Ittihad e Manchester United: “Ogni tanto ci penso. Quando ho compiuto 50 anni ho pensato ‘Sei a metà’, ma magari a metà… Ma cosa ci sarà dopo non me lo sono mai posto come problema. In teoria sono in pensione, prendo la pensione dall’anno scorso“.

Quando gli è stato chiesto quale giocatore gli sarebbe piaciuto comprare da dirigente, ha fatto il nome di Leo Messi: “Penso che un calciatore come Messi rappresenti uno spettacolo per tutti, anche se ormai è tardi. Fa delle cose che sorprendono sempre. Quando leggevo che poteva andare all’Inter, ero amareggiato. Per 10 giorni ho provato portarlo al Milan, ma poi abbiamo capito che era impossibile“.

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