La prova in Champions non è servita a dare una nuova spinta: il Milan pareggia con il Lecce e perde Loftus-Cheek, Leao e Calabria. Pioli e la squadra sono finiti in un circolo vizioso che sembra irrisolvibile
Doveva essere un nuovo inizio, e invece è stato il sequel di un pessimo film che va avanti ormai da un mese. Protagonista il Milan, che non riesce ad uscirne nonostante la splendida serata di Champions League. Come contro la Juve, con il Napoli o l’Udinese, la squadra di Stefano Pioli si fa male da sola. Letteralmente.
Con i risultati (quarta partita senza vittoria in campionato) e con gli infortuni. Alla già lunga lista di assenti si aggiungono: Loftus-Cheek, in panchina a Lecce solo per stare vicino alla squadra… (?), Leao e Calabria. Toccata quota 16 infortuni muscolari da inizio stagione (e siamo solo a novembre) – una media di 4 infortuni a partita. Un problema gravissimo che sta condizionando inevitabilmente la stagione dei rossoneri, che sono già a -6 punti dalla vetta (potrebbe diventare -8 se l’Inter dovesse vincere stasera) e in lotta per il quarto posto (primo obiettivo dichiarato della società, che punta alla Champions League per salvaguardare il bilancio).
Milan, problema infortuni: lavorare (bene) è impossibile
Fin dall’inizio di questa stagione il Milan aveva evidenziato problemi tecnici e tattici, nascosti però dalle buone prestazioni e le vittorie (arrivate anche per la netta superiorità dei rossoneri sugli avversari): una costruzione fatta male o non fatta proprio, gli uno contro uno a campo aperto in difesa, i tempi del pressing sbagliati (soprattutto dal lato di Leao); l’aggravante è la ripetizione quasi ossessiva degli stessi errori in ogni partita (per esempio il gol di Sansone ieri uguale a quello di Skriniar martedì).
A questi problemi strutturali, poi, si aggiungono altri problemi di gestione: il mancato controllo del risultato in partite preparate bene e indirizzate come quelle di ieri o di Napoli, le scelte nei cambi, l’insistenza su alcuni elementi (Krunic e Jovic su tutti) e il tardivo inserimento di alcuni nuovi acquisti (il Chukwueze di oggi ricorda il De Ketelaere di ieri).
Problemi chiari, lampanti ma correggibili con il lavoro. E su questo c’è poco da dire a Pioli. Ma se ogni settimana ci sono almeno dieci giocatori indisponibili (e la lista aumenta di partita in partita) allora intervenire diventa complicato. Così si è entrati ormai da tempo in un circolo vizioso, probabilmente risolvibile solo in un caso: uscire dalla Champions League il prima possibile e proseguire la stagione con un solo impegno a settimana per salvare il salvabile (che per tutti è almeno il quarto posto).
Niente di nuovo
Alla base di tutto c’è la responsabilità di Stefano Pioli, sia per i problemi citati prima che per quanto riguarda le condizione fisica dei giocatori. Che sia chiaro: le colpe, in casi come quello degli infortuni, sono di tutti. Dall’allenatore allo staff atletico e medico, fino alla società, che ancora non è intervenuta in merito. Ma l’allenatore è il primo colpevole: perché lo staff lo sceglie lui e perché la questione infortuni non è una novità nella sua gestione
Le emergenze (con di mezzo anche il Covid), con lui in panchina, ci sono sempre state. Ricordate Calabria a centrocampo contro la Juve nel gennaio 2021? Oppure la coppia inedita Kalulu-Gabbia in un Milan–Roma? E così via. Non un problema nuovo, quindi. E quando veniva fatto notare c’era chi parlava di semplice sfortuna. Sottovalutazione? Probabilmente sì. Oggi, quattro anni dopo, finalmente la questione è chiara a tutti. E ora bisogna intervenire: il come non sta a noi stabilirlo, né suggerirlo.