L’ex direttore generale e sportivo del club rossonero commenta il momento del Diavolo e assicura che tornerebbe volentiere
Il Milan ha cambiato tanto negli ultimi mesi, sia nei protagonisti in campo che fuori, e con il nuovo proprietario, Gerry Cardinale, ha tracciato la strada per un nuovo percorso, all’avanguardia sotto tutti i punti di vista.
Dalla gestione societaria e degli accordi commerciali, passando per il calciomercato e per la scelta dei calciatori, attraverso metodi molto diversi da quelli del passato. Non tutti sono in pieno accordo con questa politica e tra questi c’è Ariedo Braida è stato intervistato dal sito gianlucadimarzio.com e ha commentato il momento dei rossoneri e la nuova gestione dei vertici del club.
Queste sono state le sue parole, a partire dal derby e dal bisogno di rialzarsi: “Non ho la bacchetta magica, ma alla squadra direi che è il momento di ricompattarsi e non far chiacchiere. Bisogna stare in silenzio, allenarsi e lasciar parlare il campo. Le squadre forti dimostrano il loro vero valore quando le cose non girano”. L’attuale dirigente della Cremonese, che era vicino al Monza prema della morte di Berlusconi, ha trattato molti temi nell’intervista.
Braida dice la sua sul Milan e sui nuovi metodi
Il dirigente, sempre in tema Milan, aggiunge: “Tutti commettiamo errori, ma chi vive di calcio da più tempo tende a sbagliare di meno. Per questo a un Milan così giovane forse servirebbe una figura esperta, che abbia vissuto certi momenti e li sappia gestire”.
Ecco dunque che la domanda arriva in automatico, sul suo possibile ritorno in rossonero, alla quale risponde sorridente: “Se mi dovessero chiamare come farei a dire di no? Il Milan è il Milan, è nel mio cuore”. Braida è stato dirigente del club rossonero per ben 25 anni, dal 1986 al 2002 come direttore generale e poi fino al 2013 come direttore sportivo. Chiaramente un ritorno per lui sarebbe un qualcosa di molto romantico.
Un commento anche sul famoso metodo Moneyball e sul nuovo modo di fare scouting da parte del Diavolo: “Ho visionato tutti i giocatori personalmente. Sono del parere che i giocatori debbano essere scelti dai dirigenti e non dagli algoritmi. Penso che l’uomo sia al centro dell’universo: l’algoritmo è stato creato dall’uomo e non può sostituirlo. Poi un dirigente può sbagliare, ma con l’esperienza il margine di errore si riduce. Replicare quello che ha fatto il presidente più vincente dell storia del calcio non sarà facilissimo”.