L’Atalanta era una dura prova d’esame e il Milan l’ha superata brillantemente. Possiamo dirlo: la crisi è ormai alle spalle. È la quarta vittoria di fila ed è il quarto clean sheet.
Da San Siro a San Siro: solo un mese fa una parte dello stadio lasciava il proprio posto a sedere dopo la rete di Matheus Henrique per il 5-1 del Sassuolo poco prima dell’80’, ieri invece nessuno si è azzardato ad alzarsi per godersi fino all’ultimo secondo il miglior Milan di questo 2023.
In pochi credevano alla rinascita, tanti invece consideravano il ciclo finito, con quel fastidioso #PioliOut tornato puntualmente di moda. Silenziato anche stavolta sul campo, come tre anni fa, per restare in tema social. A questo, poi, si sono aggiunte le tante idiozie su presunte spaccature nello spogliatoio, mai esistite; spogliatoio triste e sfiduciato forse sì, ma d’altro canto difficile non esserlo in un periodo complicato come quello. È bastata la prima vittoria, quella di inizio febbraio contro il Torino, per rimettere un po’ di benzina nelle gambe e, soprattutto, nella testa: i post di Calabria, di Leao e i vari commenti sono stati la prova che era tornato un minimo di serenità. E da lì il Milan è ripartito.
L’artefice di questa rinascita ha un nome ed un cognome: Stefano Pioli. Subissato di critiche da tifosi, opinionisti e dalla stampa, è riuscito a sistemare le cose con tre principi fondamentali: il lavoro, le idee e l’umiltà. L’umiltà di capire che quello che fino a quel momento stava funzionando doveva essere cambiato. E così la svolta, a piccoli passi, fino all’exploit in Champions e alla prestazione di ieri contro l’Atalanta, praticamente cancellata dal campo. Come?
Prendiamo in prestito il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, c’è bisogno che tutto cambi“. Pioli ha cambiato il Milan: nel modulo, nel sistema difensivo e negli uomini (con l’ingresso, purtroppo tardivo, di Malick Thiaw).
Ma quello visto a San Siro ieri è sembrato il Milan di prima, quello dello Scudetto e non solo: alto (anche grazie anche al rientro di Maignan), aggressivo, padrone del campo e con un palleggio più fluido rispetto alle uscite precedenti. Insomma, il vecchio Milan: con un abito diverso ma con la stessa faccia e la stessa mentalità. Un abito nuovo necessario perché in questo mondo così veloce le mode e le idee invecchiano in fretta e bisogna stare al passo dei tempi per non restare indietro.
Pioli si è dimostrato per l’ennesima volta una persona intelligente in primis e poi un grande allenatore. Qualche macchia indelebile purtroppo resta. Le stagioni sono fatte di Sliding Doors e chissà dove sarebbe il Milan oggi se all’85’ contro la Roma fosse entrato Thiaw e non Matteo Gabbia. L’ex Schalke ora è sicuramente più pronto rispetto a qualche mese fa, ma che sia stato gestito male in quanto risorsa durante l’anno ci sono pochi dubbi. Lo stesso discorso è applicabile a tutti i nuovi acquisti ma è un tema ormai logoro e che lascia il tempo che trova. D’altronde, meglio tardi che mai, no? Adesso Firenze e poi Londra. Il Milan era moribondo ed è guarito, troppo tardi per il campionato ma ancora in tempo per raggiungere un’altra tappa importante di un percorso che ha ancora tanto da offrire.