Un’intervista intensa ed anche scioccante quella dell’ex calciatore del Milan, che ha anche indossato la fascia da capitano varie volte.
Giocare nel Milan è una grande soddisfazione per molti giovani calciatori. Soprattutto coloro che da piccoli sono cresciuti nel mito del club rossonero, plurivincente in Italia ed in Europa. Basti vedere Sandro Tonali, tifosissimo del Milan da bambino e oggi leader della squadra di Pioli.
C’è chi questo sogno lo ha vissuto, ma allo stesso tempo non può vantare bei ricordi in linea generale. Un ex difensore del Milan, cresciuto nel vivaio rossonero e anche portatore della fascia da capitano, ha confessato di aver attraversato in maglia rossonera un periodo a dir poco delicato.
Si tratta di Mattia De Sciglio, attuale terzino della Juventus che ha però giocato nella prima squadra rossonera tra il 2012 ed il 2017. In un’intervista concessa a Cronache di Spogliatoio, il difensore ha svelato il lato meno positivo della sua esperienza nel Milan e la crisi prima dell’addio definitivo.
Presentato come un predestinato, il rossonero doc De Sciglio sembrava poter avere un futuro luminoso di fronte a sé con la maglia numero 2 sulle spalle. Il terzino però, inizialmente apprezzato dalla tifoseria, è spesso caduto nel baratro e divenuto lo zimbello della curva.
Questo il racconto sulla sua crisi in rossonero: “Al Milan ho vissuto momenti bellissimi che mi avevano riempito il cuore. Nessuno ti prepara al baratro. Ho iniziato ad avere problemi fisici che mi hanno condizionato. Non ho avuto problemi gravi, tutti stop di qualche settimana: tornavo, e dopo due partite mi fermavo nuovamente. Sono iniziate le critiche della stampa e dei tifosi. Mi hanno ferito, allora mi sono chiuso in casa. Mi mancava la felicità. Faticavo a sorridere. Sono un ragazzo solare, che cerca compagnia e scherza sempre. Mi hanno detto che ho sfiorato la depressione, uno stato in cui nessuno si accorge di entrare”.
L’aiuto di un mental coach aiutò solo parzialmente De Sciglio: “Mi ero ripreso e anche l’Europeo era andato alla grande. Mattia era tornato, ancor prima di De Sciglio. Dopo qualche mese comunicai alla società che non avrei rinnovato il contratto in scadenza. Una scelta sofferta, ma erano successe troppe cose e necessitavo di cambiare ambiente. A gennaio leggo: “De Sciglio non rinnova perché ha già firmato con la Juventus“. Fui colpito, non avevo sentito nessuno. Ma me ne andai perché le mancanze di rispetto erano all’ordine del giorno”.
La goccia che fece traboccare il vaso fu un Milan-Empoli del 2017: “Fu la fine. Montella mi sostituì e al 70′ e mi gettò nella fossa dei leoni. Piovevano fischi ed insulti ed io ero stato dato in pasto ai tifosi inferociti. A fine partita raggiunsi i miei genitori nel garage dello stadio, mentre tornavamo in macchina un tifoso, in stato di ebrezza, mi riconobbe e iniziò ad insultarmi. Mio padre scese dalla macchina per calmarlo, ma arrivarono altri tifosi, spintoni e parole forti. Non ci ho visto più: buio, tutto nero, sono sceso e ho reagito malamente, tirando fuori tutte le sensazioni brutte. Un momento terribile”.
L’avventura di De Sciglio al Milan finì forse quel giorno. Un terzino che non fu fortunato, falcidiato dagli infortuni, ma che provò a dare tutto per il suo Milan. Oggi alla Juve è un soldato di Allegri, ma guai a chiamarlo figlioccio: “Il nostro è uno dei rapporti allenatore-giocatore più iconici degli ultimi anni, ma lui non mi ha mai favorito”.