Walter Sabatini ha parlato così del suo allievo Frederic Massara, attuale d.s. del Milan che si è formato con il noto dirigente.
Non c’è alcun dubbio. Frederic Massara è uno dei dirigenti sportivi italiani più abili del momento. Il giovane direttore sportivo del Milan è tra i protagonisti e fautori dell’ascesa del club rossonero fino allo Scudetto appena conquistato.
Massara si è formato sotto l’egida di un maestro del management sportivo italiano e della ricerca dei talenti migliori. Ovvero Walter Sabatini, una sorta di ‘santone’ dei D.S. in Italia. Da poco ha lasciato la Salernitana, nonostante la salvezza miracolosa ottenuta nel finale di stagione.
In un’intervista al Corriere della Sera di oggi, Sabatini ha voluto proprio esaltare il suo ex allievo: “Massara è fenomenale, uun ragazzo colto, sensibile, educato. È un uomo spietato, in un certo senso, perché non ha difetti. Sa cosa dire, parla le lingue, conosce i giocatori e sa dove andare a cercarli. Appunto, un uomo spietato”.
Elogi particolari ma molto sinceri quelli di Walter Sabatini. L’esperto direttore sportivo ne intuì le capacità sia da talent-scout sia da dirigente vero e proprio a pochi anni dal ritiro di Massara dal calcio giocato. Dal 2008 in poi i due cominciarono a lavorare fianco a fianco nel Palermo, per poi continuare la collaborazione anche alla Roma.
Non solo Massara. L’intervista di Sabatini si è indirizzata anche ad alcuni talenti importanti del nostro calcio, come Nicolò Zaniolo. Il fantasista classe ’99 è stato incensato dal D.S. in questo modo: “Ci sono diversi talenti in Italia, come Zaniolo, Scamacca o Frattesi, che in Premier League giocherebbero subito titolari in una big. Zaniolo poi è un animale, uno che ha la potenzialità di ribaltare le partite da solo”.
Sabatini infine ha esaltato anche Sandro Tonali. Poche parole ma significative per il numero 8 del Milan: “Tonali è un altro di cui parlare, ha già vinto uno Scudetto da protagonista. Fa parte dei ragazzi in rampa di lancio”.
Importanti le parole sulla gestione dei giovani in Italia: “È un discorso soprattutto strutturale. In Italia abbiamo troppa paura di perdere le partite, quindi la poltrona, la panchina, eccetera. Senza paura di perdere le partite si fanno giocare i 2001, 2002, 2003, ragazzi che matureranno subito per il club e per la Nazionale. Se non superiamo questa barriera culturale, il nostro calcio sarà sempre più povero”.