La capacità di adattarsi agli avversari è stata una delle forze di questo Milan. Tutto merito del suo fantastico allenatore, Stefano Pioli
Il Milan è tornato Campione d’Italia dopo undici anni. Una storia che nasce due anni e mezzo fa, quando sulla panchina rossonera è stato ufficializzato l’arrivo di Stefano Pioli. Accolto dall’hashtag #Pioliout, non è stato facile per lui imporsi nell’ambiente rossonero. Quella sconfitta per 5-0 a Bergamo è stato l’emblema di questa sua difficoltà.
Ma ha rappresentato anche l’inizio di una nuova era. Almeno, così direbbe Jovanotti. Nel post lockdown, Pioli è riuscito a dare finalmente una identità alla sua squadra. Nella stagione dopo, la scorsa, il Milan è tornato in Champions League da seconda in classifica dopo aver lottato a lungo per lo Scudetto, poi andato ai cugini dell’Inter.
Quest’anno, però, nessuno ha avuto fiducia nei rossoneri. Gli esperti e i tifosi davano il Milan addirittura fuori dalla zona Champions. E invece, contro tutto e tutti, il diavolo è tornato in cima all’Italia. Una cavalcata trionfale, una lotta all’ultimo sangue con l’Inter ma questa volta a trionfare sono stati i Pioli boys. Gran parte del merito va proprio a quest’ultimo. Ha tenuto saldo uno spogliatoio fatto da tanti giovani promettenti ma anche diversi giocatori esperti. Non è facile saperli amalgamare, lui ci è riuscito alla grande. Ha creato una famiglia, fuori e dentro il campo.
Un grande motivatore, aiutato anche da personalità del calibro di Ibrahimovic, Kjaer. Il danese c’è stato fino a gennaio, poi Pioli si è dovuto inventare qualcosa di nuovo. Ha inserito al suo posto Kalulu, un giovane arrivato per “pochi spiccioli” al Milan. Terzino destro naturale, lo ha rinventato nella posizione di difensore centrale. Una scommessa più che vinta dal tecnico emiliano.
Motivatore ma non solo dunque. Anche bravo a saper leggere qualsiasi tipo di situazione in campo. E adesso andiamo ad approfondire proprio questo aspetto.
Un allenatore spesso criticato nel corso della sua carriera, in quanto al comando solo di squadre mediocri. Con il Milan ha ricevuto il suo primo premio in carriera da mister. Ha dimostrato grande intelligenza tattica. Perché, lo ricordiamo e lo sottolineiamo, l’intelligenza tattica non deve averla soltanto il calciatore, ma prima di tutti ce la deve avere l’allenatore. E Pioli ce l’ha.
Le sue mosse durante tutto l’arco della stagione si sono rivelate decisive. Ne analizziamo soltanto qualcuna.
Partiamo dall’inizio. Vi ricordate la partita di Anfield? Sì, la prima al ritorno in Champions League, contro il Liverpool. In quel caso il Milan perse 3-2 ma dimostrò di potersela giocare alla pari contro i fenomeni di Klopp. In quel caso Pioli iniziò a far capire che con le sue decisioni imprevedibili avrebbe potuto far la differenza in quest’annata. Schierò Rebic prima punta, con Giroud in panchina e Ibra infortunato (come spesso accaduto, per cui difficoltà doppia). Questa mossa permise di avere tanta imprevedibilità sulle fasce, dato che Rebic svolgeva un ruolo di raccordo tra attacco e centrocampo. Entrambi i gol rossoneri, infatti, arrivarono dalla sinistra con azioni che misero in crisi i reds.
Seconda analisi. A Roma il Mise si impose per 1-2. In quel frangente approfondimmo già con molta attenzione le mosse tattiche di Pioli, che schierò una sorta di 3-1-6. Tre difensori: Kjaer, Tomori e Calabria, stretto. C’era un centrocampista davanti alla difesa che andava in aiuto del reparto difensivo e cercava di impostare. E poi ben sei giocatori offensivi, a partire da Theo Hernandez sulla sinistra. Poi l’altro centrocampista a ridosso della punta, il trequartista che andava nello spazio. Una soluzione che la Roma non riuscì a decifrare.
La facilità con cui Pioli è riuscito sempre a trovare l’arma vincente è stata impressionante. Altro fattore determinante: Maignan. Magic Mike è bravissimo con i piedi e Pioli questo lo sa bene. Per questo lo ha sfruttato al meglio, facendo partire le azioni rossonere sempre dai suoi piedi. Ha fatto allargare i difensori centrali e ha fatto diventare i terzini due esterni alti. Sempre in base allo schieramento degli avversari.
Una delle partite della svolta di questo campionato è stata quella di Napoli. Uno stadio Maradona stracolmo, in cui qualsiasi squadra avversaria sarebbe andata in difficoltà. Ma non il Milan di Pioli. E’ una delle prime gare in cui il mister schiera Kessie nella posizione di trequartista, con Tonali e Bennacer in mediana. Questa è stata forse la mossa chiave per lo scudetto. Kessie ha avuto l’abilità di non rimanere fermo, non ha dato punti di riferimento alle difese. In particolare a Napoli, era supportato in avanti da Bennacer, lasciando Tonali in posizione più arretrata. Una sorta di 4-3-3. Questo per rispondere a chi dice che Pioli non cambia mai modulo.
Chiudiamo questa analisi con una partita più recente, quella di Verona. Qui la nuova idea geniale di Pioli. Schierato ancora Kessie come trequartista, ma a questo punto gli avversari sapevano come arginarlo. Cosa fare allora? Semplice, spingere più in avanti Tonali. Kessie faceva finta di inserirsi alle spalle della difesa avversaria, poi faceva un passo indietro ed ecco che arrivava come un fulmine Sandro. Risultato: doppietta di Tonali con due inserimenti nell’area dei padroni di casa.
Il maestro di tattica, Stefano Pioli. Uno degli artefici principali di questa clamorosa cavalcata rossonera. Un uomo pacato, un signore anche nelle interviste più difficili in cui avrebbe voluto spaccare il mondo. Ma finalmente, dopo Reggio Emilia, lo abbiamo visto nella sua veste più semplice. Quella da capo ultras, quello da mister felice, orgoglioso del percorso fatto e di un progetto che andrà ancora avanti, insieme a lui.