Le due rivali di domani sera al Maradona hanno un sistema tattico identico, ma con delle combinazioni piuttosto differenti.
Oltre ad essere una sfida determinante per le sorti dell’alta classifica in Serie A, Napoli-Milan sarà un match intrigante dal punto di vista tattico e strategico. I due allenatori Luciano Spalletti e Stefano Pioli sono infatti due veri e propri strateghi del nostro calcio.
Entrambi vengono considerati tra i tecnici più preparati tatticamente, anche se hanno avuto parabole diverse. Spalletti è diventato fin da giovanissimo un rivoluzionario, con risultati eccellenti e scelte azzeccate già a fine anni ’90 con Empoli e Udinese. Pioli invece ha lavorato tanto e studiato diverse soluzioni prima di fare il salto di qualità.
Il match di domani al ‘Maradona’ sarà un duello tra moduli di partenza praticamente identici. Spalletti e Pioli sono infatti dai maestri del 4-2-3-1, il sistema tattico con cui hanno ottenuto e continuano ad ottenere splendidi risultati ed un gioco convincente.
Andiamo a scoprire i dettagli e le accortezze dei due tecnici. Stefano Pioli ha scelto il 4-2-3-1 per far rendere al meglio il Milan negli ultimi due anni, dopo il flop del ‘rombo’ di Marco Giampaolo. Il suo schema si basa sul giro-palla asfissiante ed un letale gioco sulle corsie laterali.
I dettami sono mutati nell’arco del biennio. Il suo Milan è passato dall’effettuare un gioco più pratico e schematico ad una costruzione dal basso dettata dal dinamismo e dal movimento circolare. Non a caso, in fase di costruzione, i rossoneri impostano spesso a tre, con l’abbassamento di uno dei mediani sul livello dei difensori.
Particolare il movimento dei terzini, che attaccano spesso in coppia ma vengono chiamati ad accentrarsi per fare densità, lasciando libertà di movimento all’ala offensiva sulla fascia di competenza. Theo Hernandez, ad esempio, si sposta spesso in posizione più accentrata, dando possibilità a Rafael Leao di scatenarsi partendo più largo.
Un sistema che trova il suo sbocco migliore con un centravanti di manovra come Ibrahimovic, che partecipa all’azione ed al possesso palla rossonero, costruendo spazi e corridoi per l’inserimento dei centrocampisti. Più verticale invece l’attitudine quando in attacco gioca una prima punta classica come Giroud.
Meno ragionato ma più rapido e verticale il 4-2-3-1 di Spalletti e del suo Napoli. Un sistema che il tecnico toscano ha sviluppato fin dai tempi di Roma e riproposto in modalità simili anche a San Pietroburgo, Inter e per l’appunto sotto al Vesuvio.
La costruzione del gioco dal basso è affidata al palleggio dei centrali e dei terzini, tutti calciatori dotati di piedi buoni. Il baricentro appare sempre piuttosto alto, sfruttando l’aggressività in fase di non possesso di trequartisti e mediani. In particolare un colosso come Anguissa ha portato il Napoli ad essere corto e offensivo anche quando il pallone è tra i piedi dell’avversario.
Spesso il modulo si trasforma in un 4-3-3 più classico, con l’abbassamento di Zielinski o Elmas come mezzali tipiche e Fabian Ruiz ad agire dai playmaker basso. La profondità è il fattore principale, dettato dai movimenti di Osimhen, uno degli attaccanti più abili nei duelli fisici e nel far salire la squadra.