Roberto De Zerbi è tornato in Italia dopo l’inferno vissuto in Ucraina in questi ultimi giorni. Il tecnico ha rivelato le sensazioni e i momenti vissuti dopo l’attacco della Russia…
I pensieri e i cuori degli italiani, in questi giorni, sono stati rivolti in particolare a Roberto De Zerbi. L’allenatore italiano aveva iniziato la sua nuova esperienza nello Shaktar Donetsk soltanto da sette mesi, e non pensava di trovarsi a vivere l’inferno che attualmente si sta verificando in Ucraina.
Tutto il mondo, in questo momento, sta osservando la collera ingiustificata dell’esercito russo, che da qualche giorno ha attaccato l’Ucraina bombardandola in più punti. Kiev, capitale del paese dell’est, è stata una delle principali città prese di mira dai russi e dalla follia di Vladimir Putin. E quando sono cominciati gli attacchi, Roberto De Zerbi e la sua squadra si trovavano proprio a Kiev.
Oggi, fortunatamente, l’ex Sassuolo è tornato in Italia con il suo staff, e ha raccontato quanto provato e vissuto in quelle tremende giornate di guerra. Lo Shaktar e il suo allenatore sono sempre stati al sicuro dentro un hotel, ma gli occhi e le orecchie non hanno potuto fare a meno di sentire e vedere quanto sta accadendo in Ucraina al momento.
Queste le parole e le dichiarazioni di De Zerbi a Radio 105:
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Sui primi sentori della guerra: “Il primo avvertimento l’ho sentito lunedì quando Putin ha fatto la conferenza sul il Donbass. Il primo segnale era inequivocabile, io da quella sera sono andato a dormire nell’hotel dove di solito facciamo i ritiri pre partita. Io e altri miei collaboratori eravamo arrivati a Kiev da qualche giorno dalla Turchia dove eravamo in ritiro. L’altro giorno in cui ho capito che le cose si mettevano male fu quando dalla Bielorussia continuavano ad arrivare delle truppe russe. Non potevano essere le esercitazioni normali di cui parlava Putin”.
Sui pensieri fatti in quei momenti: “Quando ero lì non ho avuto il tempo di pensare, adesso arrivato in Italia avrò il tempo di rivedere nella mia testa quello che è successo. È vero che faccio l’allenatore e l’allenatore non deve per forza avere responsabilità fuori dal campo, ma io e il mio staff tutto ci siamo messi a servizio dei calciatori che hanno l’età dei nostri figli”.
Sui giorni in hotel: “Le giornate passavano molto lentamente. Non dormivi mai, la notte si sentiva di tutto. Io stavo spesso in camera per avere la possibilità di capire cosa succedeva fuori dall’hotel e solo all’occorrenza andavo nel bunker. Senza farci prendere dall’ansia cercavamo di organizzare la fuga cercando di essere lucidi. Dovevi rimanere tranquillo, preparare le mappe degli itinerari che dovevi seguire. L’Ambasciata italiana ci ha aiutato per quello che poteva, eravamo oltre 2000 italiani. Siamo tornati a casa grazie all’impegno del presidente della Fifa Alexander Ceferin che è stato di un’umanità, di una sensibilità incredibile, ha organizzato tutto nei minimi dettagli e anche l’Ambasciata ci ha molto trattato bene”.
Sulle paure provate: “Non ho mai avuto paura di rimanere in Ucraina. Ho avuto invece paura che saltasse internet, che staccassero la luce in città, che mancasse l’acqua calda, che finissero le scorte di acqua e cibo, queste cose sì, queste paure le ho avute. Ho avuto paura che il treno durante il tragitto potesse fermarsi per un guasto e in Ucraina adesso fa davvero freddo. Nel nostro hotel c’erano dei giornalisti inglesi della BBC che ci dicevano di stare tranquilli perché era impossibile che colpissero volontariamente i civili”.
Sulla popolazione ucraina: “Gli ucraini mi hanno molto stupito, a Kiev sono tutti pronti a combattere perché loro stanno difendendo la libertà e chi difende la libertà parte avvantaggiato. Poi è chiaro che la differenza di potenziale di armi sposta tutto. Per quello che ho visto io, possono continuare non si sa per quanto perché sono davvero tosti: il campione di pugilato si è messo a combattere, un mio magazziniere giovane, con una figlia piccola, ha preso il fucile pronto a combattere. E’ gente di un orgoglio, di una generosità unica…”