Stefano Pioli è il protagonista della rinascita del Milan. Definito da molti un tecnico mediocre, ha riscattato se stesso e la storia rossonera
È arrivato in punta di piedi, senza alcun clamore. Nessuno credeva che Stefano Pioli avrebbe potuto regalare una speranza di rinascita a quel Milan sciagurato. La panchina gliel’ha lasciata un fallimentare Marco Giampaolo, e molti si aspettavano anche per lui una fine simile.
Effettivamente, chi era Stefano Pioli quando è arrivato al Milan? Un tecnico con delle esperienze a medio livello alle spalle, con una qualificazione in Champions con la Lazio come maggior risultato possibile (esperienza finita subito ai preliminari).
Un curriculum che ha reso lecite le poche aspettative che aleggiavano sulla sua figura. Si dice, come da Pioli stesso affermato, che l’ingranaggio ha iniziato a funzionare dopo quel fatidico 0-5 contro l’Atalanta. Ed effettivamente, i risultati parlano chiaro! Da quel momento in poi, la squadra rossonera ha invertito la sua marcia grazie anche all’arrivo di Zlatan Ibrahimovic, inevitabilmente l’uomo della svolta.
Il vestito perfetto per il Milan
Pioli ha preso per mano quel Milan dai connotati più che mai irriconoscibili e ha provato a dargli innanzitutto un’identità secondo la sua precisa ideologia. Il merito principale, probabilmente, lo ha avuto nel trovare il vestito perfetto alla squadra, secondo i giocatori che aveva a disposizione. Ed ecco che con il famoso 4-2-3-1 di Pioli e gli uomini nei ruoli giusti (Kessie mediano, Calhanoglu trequartista) la squadra ha preso forma.
Dall’inversione di marcia della società rossonera sulla questione Rangnick, e quindi dalla conferma di Stefano Pioli, per il Milan ha avuto inizio un cammino fantastico, simile ad una delle più strepitose favole.
La stagione 2020/2021 è cominciata in anticipo per tutti, ma soprattutto per i rossoneri guidati da Pioli. C’erano i preliminari d’Europa League da disputare, e il Milan, non senza difficoltà, ha cominciato a regalare le prime emozioni da cardiopalma ai suoi tifosi. Come dimenticare la battaglia ai calci di rigore col Rio Ave? Anche quella è stata una svolta.
Milan capolista per 22 giornate
La prima parte della stagione rossonera è stata meravigliosa. Stefano Pioli è salito sul podio della Serie A e ci è rimasto per ben 22 giornate con il suo Milan, laureandosi campione d’inverno. Sin lì, davvero pochi dubbi sul suo operato. Stimato, portato in alto da tutti: oltre che dal club, dai tifosi e dai suoi giocatori, anche la critica sportiva non ha fatto altro che definirlo come l’allenatore del momento e soprattutto l’uomo giusto per la rinascita rossonera.
Il Milan appariva sciolto, lineare, capace di attuare trame di gioco illeggibili per gli avversari. Uno stile misto, alternato: dalla fasce alle imbucate per vie centrali. Con il 2021, però, qualcosa ha cominciato a scricchiolare. Tanti, troppo infortuni, incluse le positività al Covid. A Pioli, in diverse gare, sono venuti a mancare i suoi migliori giocatori. Il suo vice, per grinta e motivazione, Zlatan Ibrahimovic ha saltato un numero esagerato di gare in stagione.
La pressione dell’inesperienza
Nello stesso momento, sull’allenatore, sui giovani della squadra, una fortissima pressione ha cominciato a pesare come un macigno. Forse, i giocatori troppe volte avevano nominato quel fatidico scudetto da conquistare, e con il peggiorare dei risultati la psicologia della squadra ha risentito pesantemente delle aspettative provenienti dall’esterno.
La stessa critica sportiva, data l’inversione di tendenza in negativo – la sconfitta contro lo Spezia è definita tra tutte come spartiacque tra il Milan vincente e quello perdente – ha iniziato a mettere in dubbio le capacità di Stefano Pioli. C’era forse da dare ragione a quella assurda diceria? Il tecnico parmense è davvero quel mediocre che dopo una stagione positiva cade nell’oblio confusionario delle idee e trascina con sè tutta la sua squadra?
Sono stati diversi i momenti in cui è venuto sin troppo facile pensarla così, dare ragione a questa teoria del “Pioli mediocre”. Pensiamo alla brutta disfatta nel derby di ritorno, oppure a tutte quella gare giocate in casa in cui il Milan, più forte sulla carta, non è riuscito a battere squadre quali Udinese, Sampdoria; e per ultime le sconfitte contro Sassuolo e Lazio.
Il Milan sembrava spacciato, così come il suo allenatore. Aveva fallito nuovamente, alla seconda stagione alla guida di una squadra. E invece no, il tecnico ex Lazio, Inter e Fiorentina ha dimostrato che molto dipende dal posto in cui si sta, dall’ambiente che ci circonda. Sentendosi al posto giusto, nel momento giusto, Pioli, da motivatore, moltiplicatore di energie e da uomo capace di superare i suoi limiti – o limiti che stupidamente qualcuno gli ha attribuito per lui – ha ripreso in mano la sua squadra.
La chiusura di un cerchio
Due enormi risultati a Torino contro Juve e Toro, due prestazioni strepitose: 10 gol in sole due gare e il Milan era pronto a tornare in Champions League. La pressione è tornata a farsi sentire, c’era il Cagliari da affrontare, salvo dalla retrocessione. E in momenti come questi, come quello contro i sardi a San Siro, capisci che la squadra rossonera e il suo allenatore non hanno ancora fatto nulla. C’è quella tensione e quella paura dell’inesperienza di chi ancora non ha vinto nulla!
Il Milan, Pioli ha dovuto giocarsela all’ultima di campionato contro l’avversaria più temibile del campionato. E ancora una volta, inaspettatamente, i limiti sono stati superati. Stefano ha preparato la partita perfetta, nell’unico modo in cui ce la si può giocare contro l’Atalanta di Gasperini: squadra attenta, chiusa, ma soprattutto unita! Probabilmente, per quanto ancora Stefano Pioli ha da imparare, pochi tecnici sono in grado di tenere unita, compatta e complice una squadra come lui sa fare.
Il Milan è di nuovo in Champions League, e ha chiuso il cerchio di un percorso iniziato proprio dal quel 0-5 sempre contro gli orobici. Ci è ritornato dopo 7 anni, con un allenatore mediocre in panchina! Ma chissà se Pioli sia realmente poi così mediocre: ciò che ha davvero dimostrato è di essere prima di tutto un grande uomo, poi un grande tecnico che sa rivoluzionare sé stesso e la sua idea di calcio in base alle situazioni e alle difficoltà da affrontare.
Pioli è andato oltre le dicerie e i limiti che qualcun altro gli ha attribuito. E quando si parla di rivoluzione è intrinseca l’idea di futuro. Stefano sarà l’allenatore del Milan vincente del futuro? Sino ad oggi, il suo percorso sulla panchina rossonera la dice buona.