Shevchenko ricorda il suo arrivo al Milan grazie a Braida, ma anche la finale di Champions persa col Liverpool e il trasferimento al Chelsea.
Andriy Shevchenko ha vinto quasi tutto al Milan ed è nella storia del club anche per essere il secondo marcatore di sempre. Solamente Gunnar Nordhal è davanti a lui per numero di gol.
È stato un giocatore molto amato dai tifosi rossoneri, anche se il suo desiderio di andare al Chelsea nell’estate 2006 venne criticato da molti. E non fu apprezzato il bacio alla maglia dei Blues dopo un gol. Ma col tempo i milanisti hanno perdonato l’ucraino, che a Milano ha fatto cose così grandi da non poter essere oscurate e dimenticate.
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Shevchenko ricorda l’avventura al Milan e l’addio
Shevchenko in un’intervista concessa a 7, settimanale del Corriere della Sera, ha detto di non aver mai pensato di mollare pur essendo cresciuto in una realtà difficile: «Neppure una volta. Avevo fame. Non di soldi, tutto sommato non stavamo male, ma di successo. Io volevo avere successo in quel che amavo fare. La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra».
L’ex centravanti si affermò con la Dinamo Kiev e racconta come arrivò in rossonero: «Grazie ad Ariedo Braida. Lui vide qualcosa in me che non sapevo neppure di avere. Quando portò Galliani in Ucraina per vedermi, giocai una partita orrenda, ma lui mi difese. E quando venne a casa mia per convincermi a firmare, mi diede una maglia rossonera con sopra il mio nome. “Ci vincerai il Pallone d’oro, con questa” mi disse. Io e mio padre ci mettemmo a ridere. Aveva ragione lui».
Shevchenko al Milan ha vinto la Champions League nel 2003, ma ha anche perso una finale nel 2005 contro il Liverpool a Istanbul ed è un brutto ricordo: «La ferita sanguina ancora. Scrissero che tra il primo e il secondo tempo ci lasciammo andare a festeggiamenti anticipati. Tutte balle. Anzi. Paolo Maldini fu il primo a dire di fare attenzione, che il Liverpool non avrebbe mollato, anche se era sotto 0-3. Ce lo ripetemmo l’uno con l’altro».
Il KO nel match in Turchia lasciò degli strascichi e tuttora resta difficile spiegare come la squadra di Carlo Ancelotti perse dopo essere stata avanti di tre gol al termine del primo tempo: «Nei primi tre mesi dopo quella sconfitta così acida mi svegliavo gridando nella notte e cominciavo a pensarci. Mi capita di pensarci ancora oggi che sono passati sedici anni. Tanti miei compagni non hanno più voluto rivedere quella partita. Io la so a memoria».
L’attuale commissario tecnico dell’Ucraina viene interpellato pure sul suo addio al Milan, avvenuto nell’estate 2006 per trasferirsi al Chelsea di Roman Abramovic: «Galliani e Berlusconi provarono a tenermi in ogni modo. Milano era casa mia. Ma io avevo scelto, erano tre anni che Roman Abramovic mi corteggiava. Avevo trent’anni, era il momento giusto per fare una nuova esperienza. Mi sono perso la rivincita con il Liverpool. E al Chelsea non è andata bene, troppi problemi fisici. Ma non è stato un errore».