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Gullit: “Milan da vertice, Ibra fantastico. Scudetto? Dico Juventus”

Le parole del grande ex rossonero Ruud Gullit, un campionissimo del passato che ancora oggi ha a cuore il Milan.

Ruud Gullit (©Getty Images)

In vista della partita di questa sera tra Roma e Milan, la Gazzetta dello Sport ha raccolto le dichiarazioni di un grande ex calciatore rossonero, che giocò spesso questa classica di Serie A.

L’olandese Ruud Gullit ha fatto la storia del Milan, prima sotto la guida di Arrigo Sacchi, poi con Fabio Capello, vincendo numerosi trofei e mostrando tutta la sua classe enorme con la maglia numero 10.

Gullit è ancora legato al Milan come ammesso nell’intervista odierna: “Sono felice di vedere il mio Milan lassù, a lottare per il titolo finalmente. Purtroppo gli infortuni si sono fatti sentire, ma è una squadra da vertice”.


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Gullit ha poi parlato della lotta per lo Scudetto, mai così accesa come in questa stagione: “La mia favorita resta la Juve. Certo, l’Inter è in testa, il Milan ha giocato alla grande prima di essere frenato dalle assenze e anche la Lazio mi piace, ma i bianconeri hanno la squadra più forte e possono rimontare”.

L’olandese è fiducioso invece sullo scontro tra Milan e Manchester United in Europa League: “Squadra forte, ma con qualche problema ambientale. Solskjaer è sempre sulla graticola. Guardate una sua foto oggi e una di quando accettò l’incarico: sembra invecchiato di decenni. C’è sempre polemica intorno allo United, fare l’allenatore a Manchester nel dopo Ferguson è complicato”.

Qualche parola su Ibrahimovic: “Chiariamolo subito, non ho mai detto che Zlatan sia troppo vecchio. Mai. Semplicemente, dopo il suo ultimo, brutto infortunio, pensavo fosse dura tornare al top. Invece Ibra è ancora un giocatore meraviglioso: la sua mentalità e la sua etica del lavoro fanno crescere anche i compagni”.

E infine sulla questione ‘politica’: “Io dedicai il Pallone d’oro a Nelson Mandela. A quei tempi tutti ti dicevano di giocare e basta. Ma io ho sempre detto la mia contro l’Apartheid in Sud Africa. Non ho mai pensato fosse una questione politica, ma di diritti umani e libertà. Io suonavo reggae e avevo una certa impostazione culturale. In Italia poi, nessuno conosceva la storia di Mandela: la mia dedica contribuì a sensibilizzare gli altri, perciò non me ne pento”.

Scritto da
Keivan Karimi