Clarence Seedorf ha rilasciato una cruciale intervista per la Gazzetta dello Sport. L’ex Milan ha puntualizzato che gli allenatori di colore non hanno il giusto spazio in Europa
Un centrocampista a tutto tondo. Completo fisicamente e tecnicamente. Clarence Seedorf è stato uno dei giocatori che hanno fatto la storia del Milan. Con i rossoneri l’olandese ha vinto tutto, e oggi a 44 anni è un allenatore disoccupato.
Già, perchè dopo aver terminato la carriera di calciatore al Botafogo, Clarence ha voluto mettersi in gioco e trasporre la sua bravura di giocatore nel mestiere di tecnico. Nel 2014 è subito approdato nella panchina del Milan, dove però ha mancato la qualificazione sia alla Champions che all’Europa League.
Dopo l’esperienza da allenatore in rossonero sono arrivate le panchine in Cina e Portogallo, rispettivamente Clarence ha allenato lo Shenzhen nel 2016 e il Deportivo la Coruna nel 2018.
Infine nel 2019, l’ultima esperienza lavorativa l’ha avuta alla guida della Nazionale camerunense. Non un percorso semplice e fortunato per l’ex Inter e Milan che adesso non ha più opportunità di lavoro. Secondo l’olandese ciò non è dovuto soltanto ad una questione puramente tecnica, ma anche e soprattuto ad un fattore etnico.
In poche parole, Seedorf ha affermato che molti allenatori neri non lavorano a causa del proprio colore di pelle. Clarence ha avuto la possibilità di esprimere il suo pensiero alla Gazzetta dello Sport, attraverso un’intervista pubblicata dalla rosea.
Leggi anche:
Clarence Seedorf si è espresso così sull’idea che gli allenatori di colore hanno molte meno opportunità di lavoro rispetto a tutti gli altri:
“Per gli allenatori non ci sono pari opportunità. Se guardiamo i numeri, non ci sono persone di colore nelle posizioni di maggior potere nel calcio. Ho giocato 12 anni in Italia: dopo il Milan, pur avendo fatto un ottimo lavoro, zero chiamate. L’Olanda è il mio Paese: zero chiamate. Quali sono i criteri di scelta? Perché grandi campioni non hanno chance in Europa dove hanno scritto pagine di storia del calcio? Perché Vieira deve andare a New York, Henry in Canada?. È un discorso generale, riguarda l’intera società: tutti, in particolare chi può cambiare le cose, devono sentire la responsabilità di creare un mondo meritocratico, di tenere aperte tutte le porte se si ambisce all’eccellenza. Perché i migliori risultati possono venire proprio dalla diversità”.