Il Milan deve risarcire Boban: le motivazioni della sentenza

Emergono le motivazioni della sentenza della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano che ha condannato il Milan al risarcimento verso Boban.

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Zvonimir Boban (©Getty Images)

Non è finita bene l’esperienza di Zvonimir Boban come dirigente del Milan, è ormai fatto noto. Il croato fu licenziato per “giusta causa” dal club rossonero nel marzo 2020.

Il motivo del licenziamento fu l’intervista che Zvone rilasciò a La Gazzetta dello Sport, nella quale attaccò in maniera netta Ivan Gazidis. L’amministratore delegato milanista fu accusato di scavalcare l’area tecnico-sportiva, nello specifico trattando con Ralf Rangnick alle sue spalle  e di quelle di Paolo Maldini. Parole pesanti che portarono alla cacciata dell’ex calciatore dal suo ruolo di Chief Football Officer.


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Boban ha deciso di fare causa al Milan per il licenziamento, al fine di ottenere un risarcimento. Verso fine dicembre la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano gli ha dato ragione, obbligando il club a versargli 5.375.000 euro (la richiesta era 8), di cui 4.125.000 riconosciuti come danno patrimoniale (i compensi che spettavano sino alla scadenza del contratto) e 1.250.000 come danno alla reputazione.

Il Giudice Antonio Lombardi ha ritenuto illegittimo il recesso unilaterale del contratto esercitato dal Milan. Nelle motivazioni della sentenza si legge che «non possa in alcun modo sussistere una fattispecie di grave inadempimento che giustifichi il recesso immediato del contratto». Insomma, Boban non ha fatto alcuna violazione dei suoi obblighi da dirigente.

Per quanto concerne l’intervista a La Gazzetta dello Sport, nella sentenza viene spiegato che i fatti narrati da Zvone erano «già oggetto di precedente propalazione mediatica» e quindi non c’è stata alcuna «violazione di segreti aziendali o rivelazione di informazioni riservate».

Come riportato dal quotidiano sportivo stesso, nella sentenza viene specificato che quella di Boban era «espressione di pieno e legittimo diritto di critica e libera manifestazione del pensiero».

Insomma, il Milan non aveva diritto a licenziarlo per giusta causa ed è stato condannato al risarcimento dell’ex dirigente. La società rossonera, però, può fare ricorso in appello contro tale sentenza.

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