Filippo Inzaghi ha raccontato degli aneddoti riguardanti Milan-Ajax 3-2 della Champions League 2002/2003 a San Siro. Emozionanti i ricordi dell’ex bomber rossonero.
Il 23 aprile di diciassette anni fa andò a scena a San Siro un Milan-Ajax 3-2 che è rimasto nella storia. Una vittoria arrivata al 90′ e che permise alla squadra di Ancelotti di qualificarsi alla semifinale della Champions League 2002/2003.
Grande protagonista di quella serata fu Filippo Inzaghi, autore del primo gol e al 99% anche del terzo risolutivo. Nella diretta con il giornalista Carlo Pellegatti ha ricordato quella serata magica: «Incredibile pensare che sono passati diciassette anni. A me sembra ieri, oggi ho ricevuto tantissimi messaggi. Una grande emozione. Certe serati speciali rimangono nei cuori per sempre».
La terza rete è propiziata dalla sua bravura nello scavalcare Bogdan Lobont, ma sulla riga c’è il tocco di Jon Dahl Tomasson e il gol venne assegnato al danese: «La cosa incredibile è che se tu chiedi ai tifosi del Milan qual è il mio gol che li ha emozionati di più, a parte quelli di Atene dicono il terzo con l’Ajax che non mi è stato neanche assegnato».
Inzaghi ha raccontato bene alcuni aneddoti della partita di San Siro e della terza marcatura della squadra: «Io ho un ricordo impressionante di quel gol. In campionato non stavamo andando bene e quella serata era decisiva. All’andata avevamo perso Gattuso e Pirlo, infatti li ho abbracciati dopo la prima rete. Dopo il 2-2 la palla non voleva entrare e sembravamo eliminati. Era un momento cruciale della stagione e mister Ancelotti era stato messo un po’ in discussione. Io chiamai Ambrosini avanti, perché pensavo potesse toccarmi la palla dato che non riuscivamo più a giocare. Lui viene avanti, Maldini gli lancia la palla, ma la cosa decisiva è Chivu che scivola. Io ero un fissato dei tacchetti e in quel periodo c’erano quelli lamellari, che però a San Siro a volte facevano scivolare e io non le usavo. Lui scivolò sul colpo di testa, sennò non si spiega essere così solo nel finale davanti al portiere».
Il tocco di Tomasson aveva dato un leggero brivido, perché c’era il rischio che fosse in fuorigioco e per fortuna non era così. Pippo commenta: «Sul momento ho visto che il pallone entrasse e poi ho esultato. Ma adesso rivendo l’azione se un guardalinee non è bravo può, nel dubbio, anche alzare la bandierina e annullare il gol. Noi quell’anno abbiamo poi vinto la Champions League… Quella partita deve insegnare che nel calcio le partite non sono mai finite».
L’attuale allenatore del Benevento prosegue: «A distanza di tanti anni quel gol mi emoziona ancora. Avevamo un gruppo straordinario. Brocchi quella sera fu il migliore. Tomasson era uno che quando entrava era decisivo. Ancelotti ci faceva stare bene. C’erano professionisti esemplari e non c’era bisogno di alzare la voce».
Manchester 2003 o Atene 2007? Inzaghi risponde: «Sono stato più decisivo nella Champions del 2003, penso di aver fatto 14 gol dai preliminari fino ai quarti. Per me sono importanti anche i gol nei preliminari, tutti si ricordano la fine ma se non passi quel turno non vinci le due Champions. Sono reti decisive. Nel 2007 ho segnato sei gol, anche se due in finale e quello col Bayern. Sono due coppe indimenticabili. Poi quando ti succede di fare una semifinale con l’Inter e una finale con la Juventus? Sono partite che sentivamo tanto e perdendole si sarebbero ricordate a lungo».
Pippo svela anche che nel 2012 non aveva subito pensato al ritiro: «Dopo la partita contro il Novara in realtà volevo continuare a giocare. Stavo bene, avrei ancora giocato e fatto gol. Ma quella era la 300esima partita al Milan, ho segnato all’ultima palla toccata e sotto la curva con una maglia che mi aveva dato tanto. Andare a giocare ancora un anno o più non mi avrebbe cambiato molto, anche se mi sarei divertito. Galliani ebbe ragione a farmi allenare, ho iniziato un percorso che mi sta dando soddisfazioni».
Ha anche ricordato un retroscena riguarda il match di Champions League contro il Real Madrid nella stagione 2010-2011, quando fece doppietta: «Io vado in panchina, ma mi faccio fare due maglie con scritto 69 e 70. Solo un pazzo può pensare di entrare col Real Madrid a 38 anni e fare due gol. Quella sera la gente è impazzita per me. Una settimana dopo mi sono rotto il crociato, pensa il calcio che mi ha regalato una serata bellissima e poi mi sono infortunato».
Altro aneddoto: «Nel gennaio 2012 ero praticamente deciso andare al Siena. Stavo bene e non giocavo. Il direttore era Perinetti e mi voleva per sei mesi con Sannino allenatore. Mi chiamavano tutti i giorni, io tentennavo. Poi mi sono detto “perché non devo salutare i tifosi del Milan?”, perché andando via allora non avrei salutato bene la gente. Speravo di giocare un’ultima partita per salutare e segnare magari un gol prima del saluto. Ed è successo veramente col Novara».