Milan, il parere dell’ex rossonero Demetrio Albertini. Ex milanista e attuale presidente del settore tecnico della FIGC, l’ex giocatore ha parlato del caos coronavirus e di quello interno in casa Diavolo.
Milan, parla Demetrio Albertini. Ex rossonero e attuale presidente del settore tecnico della Figc, il 48enne di Brianza è intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport esprimendosi sulla questione coronavirus e sul futuro in casa Diavolo.
Tra i primi argomenti di discussione c’è l’attacco a Filippo Inzaghi di ieri: “Non ho litigato, siamo amici e con Pippo non ho problemi. Ma mi dà fastidio che si pensi che se non ripartiamo c’è sotto qualcosa. La priorità è la salute. Anche io vorrei che si tornasse a giocare, anche io vorrei uscire di casa, oggi, anzi ieri”.
Ma il momento della verità, sul piano calcistico, è vicino: “Entro aprile dovremo capire se giocare o congelare. Ma ora la priorità è la ripartenza. Salute, organizzazione, poi occhio alla situazione economica: le condizioni gravissime dell’Italia avranno ripercussioni sulle aziende dei presidenti e da lì su quelle dei club”.
Poi spazio al capitolo Milan, partendo dalla drastica separazione con Zvonimir Boban: “Secondo me – riferisce Albertini – al Milan c’è grande confusione. Poi, da una parte c’è un amico e dall’altra una persona, Gazidis, che ho incontrato poche volte. Credo che il Milan abbia perso un elemento valido, ma è come in uno spogliatoio: se ci sono tanti fuoriclasse, tante teste che non vanno d’accordo, è inutile cercare la colpa”.
Albertini poi chiede chiarezza con tutta la schiettezza che lo contraddistingue: “Non è che qualcuno abbia sbagliato, alla fine è sbagliata la stagione e chi ci rimette è il Milan. Adesso serve un progetto sportivo chiaro, ripartire ogni anno da zero non serve. Se il Milan è soltanto un progetto economico, che lo dicano”.
Sì ai giovani ma non solo giovani. E’ questo il parere dell’ex centrocampista a proposito della filosofia di Elliott Management Corporation: “Investire sui vivai è giusto, ma i giovani in Italia non bastano. Servono giocatori esperti per far crescere i giovani e lo dico per vita vissuta. I giovani non possono avere continuità. E poi bisogna creare un senso di appartenenza. I club italiani hanno bisogno di italiani: parlo del Milan, ma anche della Juve o dell’Inter, che guarda caso ha preso Sensi e Barella”.
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