Coronavirus, il racconto del Ct Roberto Mancini. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, il tecnico racconta il suo punto di vista e la sua personalissima esperienza con un lutto annesso all’emergenza sanitaria.
Coronavirus, parla Roberto Mancini. Il commissario tecnico della nazionale italiana, intervistato da La Gazzetta dello Sport oggi in edicola, racconta il dramma vissuto dall’Italia e non solo dal suo personalissimo punto di vista.
Rigorosamente in isolamento come la maggior parte degli italiani, il Ct rivela di aver perso un vecchio amico in questa guerra contro il Covid-19: “Sono chiuso in casa da due settimane. A Roma ci sono anche due dei miei figli. Il terzo, Filippo, è a Miami, ha terminato un corso di sport e business. Anche lì comincia a sentirsi l’emergenza. Ma i ragazzi sono forti, protetti. Sono più preoccupato per i miei genitori che vivono a Jesi, anche se stanno bene. Mia sorella mi ha chiamato per dirmi che è morto di Coronavirus un amico che da bambino giocava a calcio con me. Lavorava alla Croce Verde di Jesi”.
C’è in particolare un’immagine che ha scosso il tecnico: “Il filmato del convoglio militare che portava via le bare da Bergamo è stato un pugno in faccia, l’immagine più dura, più impressionante. Nessuno era pronto a questo inferno. Pensare che la gente muore perché mancano i letti in rianimazione è assurdo, è inaccettabile”.
Mancini, tuttavia, è fiducioso sulla possibile ripresa del campionato. Magari proprio con l’ultima alternativa varata: avvio a maggio e termine ultimo a luglio attraverso una serie di proroghe burocratiche ed eccezionali. “Dopo quello che è successo, i giocatori avranno così voglia di giocare che l’entusiasmo compenserà la stanchezza. Sono convinto che torneremo a divertirci”, assicura l’allenatore.
E prova anche a tracciare il possibile scenario: “Juve favorita, ma lotta aperta. La Lazio è in corsa, ma io dico anche l’Inter. Proprio perché la situazione sarà eccezionale, un pianeta nuovo, è impossibile fare previsioni scientifiche. Potrebbero esserci sorprese. L’importante comunque sarebbe ripartire, perché vorrebbe dire aver recuperato la nostra normalità”.
LEGGI ANCHE: ALLERTA CORONAVIRUS IN CASA MILAN: LE ULTIME