Daniel Maldini, dai primi passi nel settore giovanile al grande esordio in Serie A col Milan. Mauro Bianchessi, suo scopritore, racconta la traiettoria del talento rossonero.
Un nome, una famiglia e sei decenni. Tutto attorno a un solo e unico club: il Milan. In una domenica pomeriggio amara per il Diavolo data la chance sfumata, c’è comunque spazio per il terzo capitolo della dinastia Maldini. Questa volta è il turno di Daniel, il quale segue le orme dei suoi predecessori.
Nel 1954 era toccato al nonno Cesare, nel 1985 a papà Paolo. Il 2020 porta invece la sua firma. E c’è anche un record interno: il talento rossonero è il primo giocatore nato negli 2000 a giocare una partita di campionato in maglia rossonera. Giovane, sì, ma con una lunga carriera alle spalle. Oggi ha 18 anni, ma è nel settore giovanile milanista da quando ne aveva sei.
Come evidenzia La Gazzetta dello Sport oggi in edicola, se la dinastia è andata avanti è anche merito di Mauro Bianchessi. Ovvero l’attuale capo direzione del vivaio della Lazio ma in passato responsabile giovanile del Milan per ben 11 anni.
La storia di Daniel inizia nel lontano 2008: “In tribuna al Vismara – racconta Bianchessi al quotidiano – sedeva spesso Cesare Maldini. Seguiva Christian, maggiore di 5 anni del fratello Daniel, che giocava difensore nelle giovanili del Milan. Il mio collaboratore era Francesco Zagatti, ex compagno di Cesare: parlando, Cesare, mi disse: “L’altro mio nipotino fa la scuola calcio alla Lombardia 1 e ‘le’ propri brao, picinin ma brao, diverso ma brao’. Dagli un occhio””.
Effettivamente il dirigente lo fece e da lì iniziò tutto: “Lo feci un sabato mattina e alla fine lo inserii immediatamente nelle giovanili rossonere di Mister Biffi. Quella mattina Daniel arrivò accompagnato dalla mamma Adriana e nel provino fu messo di fronte ad avversari più grandi di lui. Di età e ovviamente di fisico. Daniel era piccolo piccolo, davvero mingherlino. Ma aveva già un grandissimo talento. Cesare lo aveva capito subito, oggi sarà senza dubbio il più felice di tutti”.
Ma a differenza dei suoi precedessori, la mansione di Daniel non è difensiva: “Calcisticamente non somiglia per niente al papà – continua Bianchessi -. Hanno caratteristiche diverse: Daniel rende al meglio se utilizzato da seconda punta o trequartista. Mette in porta gli altri e vede la porta per sé: ha tecnica, fantasia, visione di gioco. E’ un sudamericano, in questo ha ereditato la parte venezuelana della mamma. E fisicamente ha ancora margini di miglioramento”.
Il Milan ci ha creduto fino alla fine e lo ha aspettato. Nonostante difficoltà fisiche e altre occasioni giunte nel frattempo: “Nelle giovanili Daniel ha trascorso anni in cui ha giocato e altri in cui l’ha fatto poco. Faticava perché fisicamente era indietro. Ma ci abbiamo creduto e lo abbiamo aspettato: quando aveva 14 anni si presentò la possibilità di prendere un suo coetaneo che oggi è alla Juve, con le stesse caratteristiche di Daniel. Scelsi di non prenderlo perché ero sicuro che una volta completato il suo sviluppo fisico, con le doti tecniche che aveva, sarebbe potuto diventare un giocatore importante. L’esordio contro il Verona è stata una vittoria per tutti”.
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