Milan, fallimenti su fallimenti dal post Berlusconi in poi: nonostante il quasi mezzo miliardo investito, la Champions League non si è mai più rivista. Le tappe.
467 milioni di euro. Come evidenzia La Gazzetta dello Sport oggi in edicola, è questa la mega cifra investita a vuoto dal Milan dal dopo Berlusconi in poi. Un vero e proprio tesoro bruciato, il che ha portato a un fallimento costante e alla disperata situazione attuale.
Quasi mezzo miliardo di euro dunque, con l’ultima partecipazione in Champions League che risale alla stagione 2013-2014 con Massimiliano Allegri in panchina. Perché questa crisi senza fine del Diavolo – sottolinea il quotidiano – non inizia di certo con Elliott Management Corporation. E a dirla tutta nemmeno con la disastrosa gestione cinese di Li Yonghong, anche se ha delle grosse responsabilità.
Comincia probabilmente nel 2012, quando Silvio Berlusconi blocca Adriano Galliani in Inghilterra per il sì di Carlos Tevez che era praticamente arrivato. Da lì il Milan avrebbe potuto rilanciare con uno spaventoso tandem Ibrahimovic-Tevez. La discesa – incalza il quotidiano – inizia invece con l’inserimento di Barbara Berlusconi nell’organigramma rossonero e col pressing dei figli di Silvio sui conti in rosso del club.
La crisi è poi sancita quando, pochi mesi dopo che è saltato lo scambio tra Tevez e Alexandre Pato, l’Ad rossonero è poi costretto a cedere sia Zlatan Ibrahimovic che Thiago Silva per cause di forza maggiore. Perché nessuno impero crolla in un colpo solo. Ogni decadenza, piuttosto, è caratterizzata da più fasi e in casa Milan queste sono state tutte ben distinte e individuabili.
Così dopo l’esonero di Allegri e lo smantellamento della squadra, ecco che inizia la caduta libera. Dalle scelte sbagliate in panchina, come Clarence Seedorf o Filippo Inzaghi, alle prime spese a vuoto come Luiz Adriano e un deludente Mario Balotelli. Poi l’esonero di Sinisa Mihajlovic e l’approdo di Cristiano Brocchi.
L’era Berlusconi finisce così con un sesto posto, e da lì subentrano i cinesi. Ma nonostante una spesa da 200 milioni di euro nel mercato estivo, non si va oltre l’Europa League in quella stagione. Stesso discorso quando poi arriva il fondo americano Elliott e l’ennesima rivoluzione milanista.
Il bilancio totale dice che oltre a una pioggia di milioni, questo Milan ha perso anche il 30% dei ricavi commerciali. Adesso, tranne miracoli e una clamorosa qualificazione in Champions League, sarà nuovamente tutto da rifare in estate. E senza una svolta determinante, questo circolo vizioso rischia di non arrestarsi mai.
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