Lunga intervista della Gazzetta a Stefano Pioli, allenatore rossonero che avrà il compito di riportare entusiasmo e risultati in casa milanista.
Chiamatelo traghettatore. O salvatore della patria. Fatto sta che la missione di Stefano Pioli sulla panchina del Milan è di importanza vitale per un ambiente in crisi.
Pioli è stato scelto dalla dirigenza del Milan per sostituire, dopo solo 7 giornate, l’esonerato Marco Giampaolo. Il suo cammino in rossonero è ancora zoppicante, ma qualche accenno di qualità e vigore si è incominciato a notare.
Oggi la Gazzetta dello Sport ha pubblicato un’intervista esclusiva a mister Pioli. Tanti gli argomenti toccati, dalla gestione del neo arrivato Zlatan Ibrahimovic fino agli obiettivi stagionali.
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Milan, Pioli a ruota libra: da Ibrahimovic all’Europa
Si comincia proprio parlando di Ibrahimovic. Un calciatore speciale che Pioli ha già ben inquadrato: “Ibrahimovic è un giocatore insaziabile, ha carisma e non ha mai smesso di migliorarsi e di aggiornarsi. Porterà entusiasmo, esperienza e tanta voglia di fare. La proprietà e i dirigenti mi hanno fatto un grande regalo, adesso dobbiamo essere bravi a sfruttare Ibra nel modo giusto, non usarlo come scudo, come giustamente ha detto Boban. Ibra è Ibra, ma noi dobbiamo imparare ad essere il Milan, acquisendo quella convinzione e determinazione che troppe volte è mancata”.
Piccolo bilancio da parte di Pioli dei suoi primi mesi di Milan: “Mi aspettavo situazioni critiche, ma ho trovato subito grande disponibilità da parte dei giocatori, grande compattezza nell’ambiente e mi sono sentito subito dentro un progetto. L’ho detto anche ai mei collaboratori, dopo un giorno mi sembrava di esserci da sempre. Bergamo è stata una battuta d’arresto ma abbiamo voglia di riscatto, dimostrare a tutti che non siamo quelli di Bergamo. Dobbiamo imparare dai nostri errori e saper portare questa cicatrice, perché anche i ricordi negativi possono trasformarsi in un’opportunità. Se noi siamo al Milan significa che abbiamo dei valori e bisogna metterli sul campo, giorno per giorno”.
Il gioco di Pioli si basa sul dominio dell’incontro, ma anche sulla disponibilità di tutti i calciatori: “L’obiettivo è dominare la partita. Credo molto nella lettura degli spazi. Dobbiamo essere bravi, nella nostra fase offensiva, ad avere una squadra che abbia ampiezza e, soprattutto, profondità. Io non voglio dominare la partita per sentirmi dire a fine partita che ho avuto più possesso palla, mi importa poco. Serve una squadra concreta, capace di occupare con intelligenza gli spazi in campo. Io non divido un calciatore in destro, sinistro, alto, basso, io divido i calciatori in due categorie: intelligenti e meno intelligenti. Se hai a disposizione giocatori intelligenti è più facile giocare un certo tipo di calcio. Da loro voglio buon senso e rispetto. Siamo tanti, lavoriamo insieme, il nostro è uno sport collettivo. In questi anni i giocatori sono diventati aziende individuali però, per lavorare bene, ci vogliono delle regole da rispettare collettivamente”.
Mister Pioli è stato criticato per il mancato utilizzo del ritiro pre-partita. Il tecnico ha spiegato i motivi della scelta: “Una volta i ritiri erano veramente aggreganti, noi giocavamo a carte, a biliardo, a Risiko, si stava insieme, si condivideva tutto. Tante volte negli alberghi non avevamo neanche la televisione in camera o c’erano tre linee di telefono e tu aspettavi il tuo turno… Adesso i giocatori stanno ciascuno con la propria PlayStation, con il proprio computer, con il proprio iPad. Parlano poco tra loro. Per questo io cerco di far stare insieme più tempo possibile i giocatori, senza telefonini. Quando c’è pranzo, cena, quando ci sono riunioni, i cellulari non vanno usati. Ma vedo che anche loro, una volta abituati, scoprono che è un modo per conoscersi meglio. Capiscono che il mondo non può essere racchiuso in Twitter o Facebook. Devi conoscere il compagno, l’allenatore, capire i loro pregi e difetti. Questo lo fanno le parole. Lo fa la vita vera, non quella virtuale”.
Pioli, la vera sfida: togliere al Milan la paura di perdere
Il fattore psicologico è quello che conta maggiormente, come indicato da Pioli: “La paura di vincere credo che non esista, però una squadra giovane non è così consapevole di cosa serva veramente per vincere. Vincono le squadre che hanno giocatori che invece hanno conosciuto e praticato la vittoria, l’hanno “imparata”. Per la squadra giovane può essere che arrivi più facilmente la paura di perdere. L’ho trovata un po’ confusa al mio arrivo. Io cerco di parlare tutti i giorni con tutti i miei giocatori. Il fatto di avere vissuto tanti spogliatoi anche da calciatore e avere ormai vent’anni di esperienza da allenatore credo che mi stia aiutando a capire quando è il momento di intervenire in modo duro, concreto o in modo più paterno. E credo che i giocatori ne abbiano bisogno, perché troppe volte ci si dimentica che sono dei ragazzi”.
Sui suoi modelli in panchina: “Per me il più bravo al mondo è Guardiola. Durante un periodo in cui ero fermo sono andato una settimana a Monaco a vedere i suoi allenamenti. Sono stato con lui a scambiare opinioni tutte le volte che finiva una sessione. Parlava con me come se fossimo fratelli o amici da sempre. Mi piace il suo modo di fare calcio, mi piace il suo modo di porsi. Risultatista o giochista? Io credo sempre che giocare meglio dell’avversario ti dia più possibilità di vincere. Però per vincere non serve solo giocare bene”.
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Milan, il problema del gol e l’obiettivo europeo
Pioli ha parlato poi dei pochi gol segnati dal suo Milan in stagione: “Abbiamo chiaramente un problema del gol. Però non penso che possa essere riconducibile solamente alla figura del centravanti. Dobbiamo diventare una squadra più concreta. È impensabile creare dieci occasioni da gol nitide e non vincere le partite. Stiamo andando al tiro con tutti i giocatori offensivi, i centrocampisti, i difensori. Basta pensare a Hernandez, che ha già fatto quattro gol. Piatek? Io l’ho trovato non brillantissimo dal punto di vista fisico e quando non sei brillante dal punto di vista fisico, chiaramente non lo sei neanche dal punto di vista mentale. Adesso credo stia bene, secondo me sta facendo delle buone prestazioni. Ma è chiaro che tutti dal centravanti si aspettano i gol e quindi viene criticato quando non segna. Lo vedo meglio, in crescita rispetto a prima”.
Il Milan ha bisogno di tornare in Europa, nella sua dimensione. Ma Pioli è realista: “Ci vorrà tempo. In questi anni si è cambiato molto. È una squadra che ha ancora tanti margini di crescita, che può far bene già in questo campionato. Ma dobbiamo essere consapevoli della posizione difficile dalla quale siamo ripartiti. Questa squadra, per tornare a quei livelli, nel futuro dovrà essere migliorata con degli innesti importanti”.
Infine l’obiettivo stagionale del tecnico: “Arrivare più in alto possibile. Sono sempre stato una persona con i piedi per terra e sono persuaso che questa squadra non sarà una squadra di fenomeni, ma è una buonissima squadra. Non dobbiamo porci traguardi. L’obiettivo è vincere la prossima partita, riprendere bene dopo la sosta. Abbiamo un calendario difficile ma siamo il Milan. Non dobbiamo dimenticarcelo”.
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