Rivera: “Milan, qualcosa preoccupa. Il mio addio? Ecco come andò”

Gianni Rivera è tornato a parlare di Milan, esprimendosi sia sul presente che sul passato. Si avvicina il 120° compleanno del club ed è inevitabile sentire leggende come lui.

Gianni Rivera AC Milan
Gianni Rivera (©Getty Images)

Gianni Rivera è tra le principali leggende della storia del Milan con ben 658 presenze e 164 gol. È stato capitano della squadra rossonera e ha vinto tanti trofei: 3 Scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe e una Coppa Intercontinentale.

Il Golden Boy è stato anche il primo giocatore italiano, oltre che del Milan, a vincere il Pallone d’Oro: successe nel 1969. Dopo il ritiro avvenuto nel 1979, in seguito alla vittoria dello Scudetto della Stella, è stato dirigente del club senza troppa fortuna. Oggi guarda il suo vecchio Diavolo da fuori, sicuramente dispiaciuto di non vederlo ai vertici del calcio.

Rivera ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport e ha avuto modo di esprimersi sulla situazione odierna. Gli viene chiesto di Krzysztof Piatek innanzitutto e lui fa un quadro più ampio: «Bisogna dire che fare il centravanti di questo Milan non deve essere facile. La squadra sta rendendo al di sotto del suo valore e quando accade questo di solito dipende da una situazione societaria incerta, che si ripercuote sul rendimento in campo. C’è qualcosa di poco chiaro, indubbiamente, nei rapporti tra le varie componenti. Non conosco la situazione reale e le strategie, però qualcosa che non quadra, che preoccupa, esiste».

Al grande Gianni viene domandato pure dell’eventuale ritorno di Zlatan Ibrahimovic, argomento che tiene bando da settimane: «Bisogna fidarsi dell’allenatore. Piatek finora ha segnato poco, ci si aspettava di più e Ibra è un attaccante di valore. Non più giovane, però: in quali condizioni fisiche e mentali arriverebbe? Sul piano delle caratteristiche individuali c’è da chiedersi se i due possono coesistere. Ma sono giudizi che deve esprimere l’allenatore».

La leggenda rossonera ha indicato quello che secondo lui è stato il Milan più forte di sempre: «Penso a quello che schierava la difesa della nazionale italiana e l’attacco dell’Olanda: un mix formidabile. E il merito va anche a chi aveva formato nel nostro vivaio i vari Baresi, Maldini, Galli, Costacurta».

Rivera ha pure spiegato perché non proseguì la propria esperienza da dirigente nel club dopo l’arrivo di Silvio Berlusconi. Non ha rimorsi, nonostante le tante vittorie: «No, perché si trattò di una scelta. Avevo verificato che oltre un certo confine decisionale come dirigente rossonero non potevo spingermi e nel frattempo mi era giunta l’offerta di entrare in politica: così decisi di uscire dal club».

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