Milan, Pioli pensa al WM: storia, cos’è e come funziona

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A sinistra, Herbert Chapman, l’inventore del WM (©Getty Images)

Il Milan visto al debutto contro il Lecce ha deluso ancora. I tifosi però sono rimasti piacevolmente colpiti dalla prestazione, in particolare nel primo tempo. Stefano Pioli, in soli dieci giorni, ha dato finalmente un’identità con questo 4-3-3 che si trasforma in 3-4-2-1 in fase di possesso. Ora l’allenatore starebbe pensando ad una nuova evoluzione: il 3-2-2-3. Un ritorno al passato perché questo è il modulo del Sistema, meglio conosciuto come WM, utilizzato da tutte le squadre negli anni ’30.

L’idea è affascinante anche se difficile da attuare. Ha una spiccata proiezione offensiva ma, con gli ingranaggi giusti, è pensato anche per difendere al meglio la zona centrale del campo. Domenica a San Siro abbiamo visto un primo assaggio con lo scivolamento della linea difensiva. Pioli dovrebbe riproporla anche a Roma ma in maniera ancor più netta. Ma cos’è il WM? Ripercorriamo insieme la storia di questo modulo di gioco che ha segnato un’intera epoca nel gioco del calcio.

La storia del Sistema di Chapman

Nei primi anni del ‘900 il calcio era lo sport popolare più amato. Già in quegli anni si erano sviluppate delle idee di gioco grazie all’influenza di grandi allenatori, inglesi e non solo. Fino ad allora questi giocavano tutti allo stesso modo, il 2-3-5: due difensori centrali, tre centrocampisti difensivi e poi cinque uomini offensivi (due esterni, due mezzali/trequartisti e una punta). A cambiare questo metodo fu Herbert Chapman, l’allenatore inglese più vincente della storia. Ha guidato per dieci anni l’Arsenal (dal 1924 al 1934) ed è lì che è iniziata la sua rivoluzione.

Sostanzialmente Chapman abbassò uno dei tre centrocampisti, passando quindi ad una difesa a tre, e alzò arretrò di qualche metro la posizione delle mezzali. Nasce così il 3-2-2-3. Che, se visto graficamente, dà vita ad una W e una M. Ecco quindi la nascita del WM, il sistema di Chapman. All’epoca non c’erano le tv, quindi la diffusione del modulo non fu immediata. Il resto d’Europa iniziò ad adottarlo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Su questa base era costruito il Grande Torino, la squadra italiana più forte di sempre, scomparsa nel 1949 per un incidente aereo. Così come la Grande Ungheria degli anni ’50. Il sistema durò in Inghilterra proprio fino a quel periodo.

Le basi tattiche del WM

Chapman si rese conto in quegli anni che bisognava trovare il giusto equilibrio fra difesa e attacco. Fino ad allora, come già spiegato, si giocava con un sistema che era molto offensivo. Così l’allenatore dell’Arsenal decise di cambiare. Il centromediano diventava difensore centrale, o meglio Centre Back, e aveva il compito di gestire l’attaccante avversario (i sistemi allora erano tutti uguali, quindi si giocava a uomo). I due terzini si allargavano per coprire le fasce. Per ripopolare il centrocampo, ora orfano di un elemento, Chapman arretrò la posizione delle mezzali che prima erano quasi trequartisti. In quattro quindi avevano il compito di difendere la zona centrale.

Per la fase offensiva c’erano tre giocatori per un tridente molto simile a quelli attuali: due ali molto veloci e tecniche e una punta centrale che faceva da ariete. Doveva essere ben strutturata fisicamente e con una buona tecnica di base. In questo modo poteva favorire gli inserimenti delle mezzali oppure colpire di testa sui cross degli esterni. Che non venivano utilizzate a piedi invertiti come si fa oggi, ma ognuno sulla propria fascia di competenza. Un sistema di gioco “semplice” ma che in realtà richiedeva grande sacrificio fisico e intelligenza tattica. Quella è la base della tattica moderna.

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La bandiera di Valentino Mazzola (©Getty Images)

Il Sistema in Italia: il Grande Torino

In Italia non fu semplice passare dal Metodo al Sistema. In effetti, con il suo stile di gioco, Vittorio Pozzo aveva portato la Nazionale azzurra sul tetto del mondo per due anni di fila, nel 1934 e nel 1938, oltre all’oro olimpico del 1936. Fino agli anni ’40 qualche allenatore provò ad utilizzarlo nel nostro campionato ma con risultati modesti. Poi però Ferruccio Novo, sotto suggerimento, portò il WM al Torino. E non ci fu scelta migliore, perché da lì iniziò la grande cavalcata della squadra italiana più forte di sempre. Cinque titoli vinti negli anni ’40, Valentino Mazzola uno dei più grandi calciatori al mondo in quel momento storico. Era una compagine straordinaria, fermata soltanto da quel maledetto incidente aereo di Superga del 1949.

Si arriva agli anni ’50 e in Italia cresce la diffusione, grazie anche al Grande Torino ovviamente. Nessuno però riuscì ad ottenere risultati importanti e si arrivò alla conclusione che il sistema era perfetto per le squadre più forti. Le più deboli, le cosiddette provinciali, passarono ad un modulo più conservativo, basato più sulla difesa che sull’attacco: ecco il catenaccio. In quel periodo, però, in Ungheria si stavano divertendo molto con la loro Nazionale, fra le più spettacolari di sempre. Il WM diventò con loro MM: da 3-2-2-3 a 3-2-3-2. Quella meravigliosa squadra, guidata dal grande Puskas, vinse l’oro alle Olimpiadi del 1952 e arrivò in finale ai Mondiali del 1956, battuta dalla Germania.

Il WM ai giorni nostri: Pep Guardiola

Rispetto agli anni ’30, oggi nel calcio esistono tantissime varianti tattiche. Ogni allenatore ha la sua e nessuno più, o quasi, gioca allo stesso modo. Tutti hanno un sistema e uno stile di gioco diverso dall’altro. Questo dipende delle idee del tecnico ma anche delle qualità dei giocatori a disposizione. In questi ultimi anni chi ha portato innovazioni (spesso geniali) è stato Pep Guardiola, ma ancora prima abbiamo avuto Louis van Gaal, da sempre influenzato dal Calcio Totale della su Olanda, o Marcelo Bielsa. Questi ultimi due hanno utilizzato spesso in carriera il 3-1-3-3, una variante del sistema.

L’allenatore del Manchester City invece ha iniziato la sua carriera sulla base di un semplice 4-3-3 di chiara matrice catalana. Poi però si è evoluto, proponendo ogni volta delle novità sempre più interessanti. Una prima piccola rivoluzione l’ha fatta al Bayern Monaco: lì per la prima volta si sono visti i due terzini diventare mezzali, con Philipp Lahm e David Alaba perfetti per quel lavoro, e le mezzali avanzare quasi a ridosso del centravanti e due esterni larghissimi. Lo ha riproposto al Manchester City ed è arrivato al suo sogno: giocare senza difensori e con soli centrocampisti. Nelle ultime partite infatti ha schierato Fernandinho e Rodri in difesa (con due terzini di spinta di fianco), col secondo che, in fase di possesso, avanzava per diventare mediano. Un qualcosa che mai si era visto prima, in pieno stile Guardiola.

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