News Milan: l’analisi sull’evoluzione dei conti del bilancio del club rossonero, pesantemente in passivo già dalla gestione Berlusconi-Galliani. Elliott deve invertire il trend.
In questi anni il Milan non ha brillato né per risultati sportivi né per quelli economici. Sia la gestione Berlusconi-Galliani che quella Yonghong Li-Fassone hanno fatto registrare passivi di bilancio importanti, cosa ripetutasi pure con il passaggio del club nelle mani di Elliott Management Corporation.
I dati dell’esercizio 2018-2019 devono ancora essere resi ufficiali, ma da mesi trapela che il rosso sarà di circa 90 milioni. Ovviamente il fondo americano risente di alcune scelte del passato e si è posto la missione di migliorare i conti, sia per rendere il Milan autosufficiente e rispettoso del Fair Play Finanziario che per poterlo rivendere a una cifra più elevata in futuro.
Milan, anni di bilanci in passivo: l’analisi del Corriere dello Sport
Oggi il Corriere dello Sport analizza i dati economico-finanziari dei bilanci del Milan. L’ultimo della gestione Berlusconi-Galliani, datato 31 dicembre 2016, si chiuse con una perdita consolidata di 74,8 milioni. Nel 2014 era stata di 91,28 milioni e nell’anno successivo di 89 milioni. Un trend molto negativo negli ultimi anni di proprietà Fininvest, dunque.
Il CorSport mette in evidenza due parametri interessanti: “indice di solvibilità totale” pari a 0,86 (il club non possedeva beni sufficienti per pagare i debiti aziendali) e “indice di solvibilità corrente” pari a 0,43 (l’attivo non era in grado di pagare debiti a breve). Inoltre la posizione finanziaria netta era negativa per 178,39 milioni di euro (con debiti verso le banche per più di 73 milioni).
L’avventura cinese, iniziata a metà aprile del 2017, ha chiuso un primo bilancio semestrale a giugno con un passivo di 32,6 milioni. Un mix tra gestione Berlusconi-Galliani e quella Yonghong Li-Fassone. Al momento della cessione del Milan il fatturato era di 220,2 milioni e i ricavi commerciali si attestavano sui 77 milioni. Sotto la guida asiatica gli introiti commerciali sono scesi a 62,5 milioni e il fatturato netto è stato di 213,6 milioni.
Il declino economico del Milan è iniziato comunque nell’ultima fase dell’era Berlusconi. I ricavi gare nel 2012 ammontavano a 33,75 milioni, contro i 25,47 al 31 dicembre 2016. I ricavi tv da 139,81 mln (2012) erano crollati a 87,91 mln (2016). Più stabili le entrate da accordi commerciali (79,7 mln nel 2012; 77,71 mln nel 2016).
Dai 267, 5 milioni del “valore della produzione netta” (stagione 2012) si è passati a 220,21 milioni (nel 2016). L’analisi dei costi operativi, pari, nel 2012, a 267,73 milioni, ha mostrato un livello molto alto anche nella fase finale della gestione Berlusconi (238,46 milioni di euro).
Il primo e unico bilancio completo della gestione cinese ha fatto registrare perdite per 126 milioni, patrimonio netto negativo per 36 milioni e posizione finanziaria netta consolidata per 128,4 milioni. I costi operativi sono stati di 248,11 milioni (150,39 solo per il personale).
Yonghong Li nell’estate 2018 ha poi perso il Milan per non aver rispettato i covenant stabiliti con Elliott Management Corporation, che gli aveva prestato soldi ottenendo come garanzia le azioni del club. L’escussione del pegno sulle quote rossonere ha fatto sì che l’hedge fund americano prendesse la proprietà del Diavolo.
Come detto in precedenza, il bilancio 2018/2019 dovrebbe registrare una perdita da circa 90 milioni. I costi continuano ad essere molto elevati rispetto ai ricavi. Il fatturato non cresce, soprattutto perché senza qualificazione in Champions League è difficile trainare anche il settore commerciale. Non va dimenticato anche lo scarso player-trading del Milan, che fatica a fare plusvalenze di un certo tipo cedendo i propri calciatori. Elliott conta di invertire il trend al più presto, anche se non sarà facile.