Quando si legge o si sente il cognome Escobar a quasi tutti viene in mente Pablo, celebre narcotrafficante che dalla metà degli anni Settanta all’inizio degli anni Novanta riuscì a fare guadagni miliardari e a finire persino nelle prime posizioni della classifica Forbes degli uomini più ricchi del mondo. Uno dei criminali più famosi di sempre.
Ma c’è un altro personaggio con il medesimo cognome che nella storia viene ricordato, seppur per motivi diversi ma che hanno comunque intrecci con il mondo del narcotraffico. Si tratta di Andrés Escobar, giocatore di calcio che il 2 luglio del 1994 venne assassinato a Medellìn pochi giorni dopo l’eliminazione della Colombia dal Mondiale negli USA.
Andrés Escobar Saldarriaga nacque il 13 marzo 1967 a Medellìn, città del dipartimento di Antioquia che è la seconda più popolata della Colombia. La sua famiglia apparteneva alla classe media, suo padre Dario era un banchiere che aveva fondato un’organizzazione che offriva ai giovani l’opportunità di giocare a calcio invece di essere per le strade. Aveva anche un fratello di nome Santiago più grande di tre anni e che, come lui, intraprese la carriera da calciatore.
Andrés studiò presso il Colegio Casanz e si diplomò all’Instituto Conrado González, muovendo i suoi primi passi da giocatore fin da bambino. Una passione condivisa con il fratello. Il suo talento fu notato dall’Atletico Nacional, squadra principale di Medellìn per la quale tifava e nella quale sognava di poter approdare. Purtroppo il club era collegato al narcotraffico, in quanto aveva Pablo Escobar come finanziatore. Giocava come difensore centrale e veniva soprannominato El Caballero del Futbol (Il Cavaliere del Calcio) per la sua sportività e la sua correttezza in campo.
Escobar nei Los Verdolagas si impone come leader della difesa nella formazione che nel 1989 riuscirà a vincere sia la Coppa Libertadores che la Coppa Interamericana. L’Atletico Nacional il 17 dicembre 1989 a Tokio ha l’occasione di diventare campione del mondo, ma perde la finale di Coppa Intercontinentale contro il Milan di Arrigo Sacchi nell’ultimo minuto dei tempi supplementari: decisivo un gol su punizione di Alberigo Evani, che beffò il celebre portiere colombiano René Higuita. Alcune indiscrezioni rivelarono che l’allenatore rossonero rimase impressionato dalla prestazione di Andrés, che poi approdò in Europa per giocare in Svizzera nello Young Boys per una stagione prima del ritorno subito all’Atletico Nacional, con cui vinse il campionato nazionale nel 1991 e nel 1994.
Un altro sogno che Andrés riuscì a coronare fu quello di vestire la maglia della nazionale colombiana. Il commissario tecnico Francisco Maturana lo fece debuttare nel 1988 e nel 1990 il difensore nato a Medellìn gioca il suo primo Mondiale in Italia. I Cafeteros vennero eliminati agli Ottavi di Finale dal sorprendente Camerun. In quegli anni la Colombia aveva talenti molto importanti. Oltre allo stesso Escobar e al già citato Higuita, vi sono altri nomi molto conosciuti: Freddy Rincón, Carlos Valderrama e Faustino Asprilla su tutti.
In vista del Mondiale di USA 94 la nazionale colombiana era stata addirittura ritenuta tra le favorite da una leggenda come Pelè. Durante le qualificazioni c’era stata una clamorosa vittoria per 5-0 contro l’Argentina al Monumental di Buenos Aires. La Colombia arrivò negli Stati Uniti con tante pressioni e aspettative, i tifosi avevano grande entusiasmo e volevano mettersi alle spalle le tensioni che c’erano nel Paese a causa della lotta tra i cartelli della droga. Neppure la morte di Pablo Escobar il 2 dicembre 1993 pose fine all’ondata di sangue e terrore. Ma l’esordio a Pasadena contro la Romania fu un flop, i ragazzi di Maturana furono sconfitti per 3-1.
La successiva partita contro la nazionale USA fu già decisiva. Perdere avrebbe significato dire addio ai sogni di gloria. Al 35′ il colpo di scena, Andrés Escobar realizza un autogol deviando nella propria porta un cross innocuo di John Harkes. Uno shock per i Cafeteros, che cercarono di raddrizzare la sfida ma vennero puniti dal 2-0 di Earnest Stewart al 52′, inutile poi la rete al 90′ di Adolfo Valencia per il 2-1 finale. Inutile anche la vittoria per 2-0 contro la Svizzera nell’ultima partita della fase a gironi. La Colombia viene eliminata clamorosamente dal Mondiale.
Il fallimento dei Cafeteros a USA 94 genera nel Paese sudamericano tante critiche nei confronti del commissario tecnico e dei suoi giocatori. Non mancano le minacce di morte. Proprio per questo ad Escobar era stato sconsigliato di fare subito rientro in Colombia, visto che era ritenuto trai maggiori responsabili del flop. Ma lui preferì tornare a Medellìn e la sua scelta si è poi rivelata fatale.
Appena 5 giorni dopo l’eliminazione della nazionale colombiana dal Mondiale negli Stati Uniti, il 2 luglio del 1994, Andrés venne assassinato nella sua città natale. Quella sera il difensore si era recato presso il locale “El Indio” in compagnia per svagarsi in quei giorni difficili. Sembra che dopo una discussione nata all’interno, provocata da persone che l’avevano insultato per quanto successo al Mondiale, Escobar se ne andò e nel parcheggio venne colpito da sei proiettili che gli toglieranno la vita.
A sparare è Humberto Muñoz Castro, membro del gruppo paramilitare Los Pepes che aveva fatto la guerra a Pablo Escobar. Alcune testimonianze hanno rivelato che durante l’omicidio urlò «Grazie per l’autogol!!!», secondo un’altra versione invece esclamò «Goool!!!». L’uomo fu subito preso e condannato a 43 anni di prigione, poi la pena fu ridotta a 26 anni e infine grazie alla buona condotta riuscì ad uscire nel 2005 dopo soli 11 anni di carcere. Il mandante dell’assassinio fu il narcotrafficante Juan Santiago Gallon Henao (arrestato solo nel gennaio 2018) e sembra che dietro l’omicidio vi siano i tanti soldi persi dai narcos nelle scommesse sulla Colombia ad USA 94.
Un retroscena del quotidiano colombiano El Espectador ha confermato che prima di Andrés Escobar fosse molto vicino al trasferimento al Milan. C’era una trattativa in corso ed esisteva già un accordo verbale tra il giocatore e il club rossonero, dove sarebbe approdato per giocare al fianco di difensori leggendari come Franco Baresi e Paolo Maldini. Purtroppo, la storia è andata diversamente e 25 anni dopo la Colombia ricorda l’allora 27enne giocatore con tanto affetto e anche con la tristezza nel cuore.
Matteo Bellan