NEWS MILAN – Leonardo e Paolo Maldini presenti in mattinata presso il centro sportivo Pavesi per parlare di sport e valori. Presenti oltre 500 persone, tra studenti e insegnanti della scuola media Pareto. Ha moderato Giuseppe Frangi, Coordinatore Editoriale di Vita.
Il dirigente brasiliano del Milan ha espresso alcune considerazioni molto interessanti, come riportato dal sito ufficiale rossonero acmilan.com: «Fondazione Milan ha 16 anni e noi siamo stati tra i primi membri a farne parte. Aiutare le persone in difficoltà è la nostra missione. Fondazione Milan, ad esempio, ha dato vita ad un centro di unità intensiva a Nazareth dove ci sono tante discussioni a livello religioso e storico. Questa struttura è aperta a tutte le religioni e il Milan, che ha la forza di entrare ovunque, è riuscito a far superare queste divergenze mettendo tutti d’accordo. Il calcio come modello educativo per i nostri figli? La squadra è un gruppo che lavora per lo stesso obiettivo. Ci sono regole da rispettare, lo sport è una rappresentazione di quello che succede nella vita dove c’è una sana competizione interna, c’è l’allenamento che costa sacrificio per essere pronti al momento della partita. Tutto questo vale ancora di più quando il calcio diventa una professione. La sconfitta come motivo di crescita? In ogni sconfitta c’è sempre un perché. Si deve imparare anche da queste cose, cercando di capire cosa non ha funzionato per poi lavorare e prepararsi al meglio per il prosieguo».
Oltre a Leonardo, ha parlato anche Maldini. Per i ragazzi presenti una grande emozione nell’avere di fronte una leggenda come lui. Lo storico numero 3 del Milan, oggi dirigente del club, si è così espresso stamane: «Da calciatori a volte non ci si rende conto di quello che si può fare per il sociale. Leo è stato tra i fondatori di Fondazione Milan ed è stato veramente importante per far capire la forza che ha il calcio nel sociale. La convivenza di culture diverse nel mondo del calcio? Bisogna comunicare, farsi sentire e capire. Spesso si ha paura del diverso. Ricordo che i primi compagni stranieri erano inglesi e mi hanno insegnato molto, ad esempio la cultura sportiva. Poi ho conosciuto gli olandesi, che mi hanno trasmesso la loro apertura mentale. Ma in generale da tutti i compagni provenienti da altri Paesi ho imparato qualcosa ed è anche grazie a loro che sono cresciuto come uomo. Come gestivo l’errore in campo? Quando sbagli o perdi è sempre una brutta sensazione, che però ti fa crescere come uomo e calciatore. Le prime volte mi chiudevo in casa e stavo a pensare per giorni ai miei errori, poi ho capito che fa parte dello sport e così ho imparato a gestire meglio i miei sbagli e le sconfitte».
Redazione MilanLive.it