Sta per concludersi una settimana ai limiti del paradossale. Ciò che è successo difficilmente si sarebbe verificato in altre realtà. Ma siamo il Milan. E noi le situazioni strane le viviamo praticamente ogni giorno da qualche anno a questa parte. Siamo abituati, ma ogni volta ci sembra sempre di aver raggiunto il limite. Stavolta il protagonista è Gonzalo Higuaìn, il “salvatore della patria”. Che, con la decisione di abbandonare la causa dopo soli sei mesi, sta dando ragione a quella parte di opinione pubblica che lo ha sempre definito un fallito, sportivamente parlando. Noi non ci spingiamo a così tanto e continuiamo a pensare che sia un meraviglioso giocatore di calcio; un centravanti che in rossonero non ha inciso granché per svariati motivi. Gli auguriamo il meglio per la sua carriera al Chelsea, dove ritrova l’uomo che più lo ha valorizzato di chiunque altro, Maurizio Sarri.
La storia del nostro club racconta una cosa: se non sei disposto a lottare, per te al Milan non c’è spazio. Non ce n’era per Leonardo Bonucci, attratto dal dolce richiamo del carro dei vincitori; non ce n’è più per Higuaìn, che per la febbre non ha giocato la finale contro quelli che lo hanno mandato via senza farsi troppi problemi. Se non sei abbastanza motivato nemmeno in una situazione del genere, allora la maglia del Milan non fa per te. Il Milan è per quelli disposti a mettere tutto se stessi per ciò che rappresentano. Il Milan è per quelli come Gennaro Gattuso, vittima insieme a tutta la tifoseria di una situazione gestita malissimo dalla società. Da Leonardo, che addirittura ha preferito non presentarsi a Jeddah, a Paolo Maldini, che da calciatore ci aveva abituato a metterci la faccia in ogni momento difficile. Tutto quanto è pesato sul parafulmini Rino, al quale va fatto un monumento per la lucidità, la dignità e la calma dimostrata, anche dopo una partita in cui c’era davvero da perderci la testa per i motivi che tutti sappiamo. Ma andiamo oltre.
Ha dovuto gestire e spiegare tutto lui: dalla storia della foto alla febbre di Higuaìn. Se avesse potuto concentrarsi solo sul suo lavoro, e cioè allenare la squadra, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Meriterebbe un po’ più di serenità per giocarsi al meglio le sue carte in questa stagione. Perché sì, lo sappiamo: se il Milan non arriverà al quarto posto, l’unico a rimetterci sarà soltanto lui. E a quel punto tutti dimenticheranno ciò che ha fatto da allenatore di questa squadra. Non solo per questioni di campo – dove è evidentemente il migliore di tutti quelli visti negli ultimi anni -, ma anche e soprattutto per lo spogliatoio e per alcuni singoli. Tutto con un solo scopo: fare il bene del Milan. Il suo Milan. La motivazione più bella possibile. Se c’è lui, possiamo fare tranquillamente a meno dei “campioni” del calcio moderno.
di Pasquale La Ragione – Redazione MilanLive.it