NEWS MILAN – In questi giorni si è tornato a parlare di Yonghong Li, il misterioso uomo d’affari cinese che per oltre un anno è stato presidente del Milan. Uscito di scena frettolosamente dopo il subentro del fondo Elliott, si sono poi perse le sue tracce.
Recentemente è stato rivelato che Yonghong Li avrebbe abbandonato i propositi di causa legale verso Elliott. Di lui non si hanno avuto notizie, se non qualche foto fatta dalla figlia durante le vacanze estive. Ma proprio in queste ore dalla Cina emerge qualcosa di interessante a proposito dell’ex presidente rossonero.
Stando a quanto riportato dalla testata cinese Sohu.com, Yonghong Li è stato inserito nella lista delle persone che non può uscire dalla Cina a causa dei troppi debiti accumulati. L’ex numero 1 del Milan, residente a Hong Kong, si è visto ritirare il passaporto dopo la sentenza emessa dal Tribunale intermedio del popolo di Jingzhou. In Cina scrivono che aveva preso in prestito 60 milioni di yuan dalla Hubei Jing Nine Investment Co. Ltd e che non li ha restituiti. Già nel 2014 era già stato sollecitato a rimborsare questo debito con una penale da parte di una commissione d’arbitrato. Ma non sono gli unici debiti di Mr. Li.
Adesso non si sa precisamente dove sia il misterioso uomo d’affari cinese. E’ scomparso da tempo dai radar. Dalla Cina confermano quanto inaffidabile sia questo personaggio dal punto di vista finanziario e che i suoi affari non vanno proprio a gonfie vele. Nonostante lui ai tempi ribadisse che le sue attività fossero a posto, in realtà lo scenario sembra molto diverso. Non è un caso che la vicenda Milan abbia preso la piega che ormai tutti conosciamo.
Vedremo come si evolverà la situazione di Yonghong Li, se da Oriente arriveranno presto nuovi aggiornamenti. Se il tuo Paese ti ritira il passaporto e non puoi andartene, è grave. Non è una novità che l’ex presidente rossonero sia nel mirino delle autorità cinesi. Già durante la sua esperienza milanista erano spuntate vicende sul suo conto e si era intuito che non eravamo di fronte a un grande imprenditore, ma che c’era qualcosa di poco chiaro. Anche se, comunque, avevamo provato a credere nella proprietà made in China. Sbagliando…
Matteo Bellan