Maldini: “Sì, tornerei nel Milan. Pato il rimpianto più grande”

Paolo Maldini
Paolo Maldini (©Getty Images)

MILAN NEWS – Intervistato da Milan TV, Paolo Maldini ha raccontato il suo passato in maglia rossonera, unica squadra di club della sua lunghissima carriera da calciatore. Oggi, ricordiamo, l’ex capitano ha compiuto 50 anni.

I successi internazionali di Maldini sono stati tantissimi, ecco un breve excursus. Si parte dalla vittoria a Tokyo nell’Intercontinentale del 1990 con frattura della clavicola: “Avevo un dolore assurdo e portandomi fuori in barella – probabilmente adatte ai giapponesi, quindi 1 metro per 20 centimetri – credo mi abbiano fatto più danni che l’infortunio stesso. Finita la partita van Basten mi ha trascinato e portato fuori. Grazie a Marco sono nella foto dell’Intercontinentale del 1990”.

Sulla finale di Atene nel 1994 contro il Barcellona di Johan Cruijff: “C’era sia paura che convinzione nei propri mezzi, perché affrontavamo una squadra forte, ma che è stata un pochino troppo spavalda. Eravamo sfavoriti, ma noi non ci siamo sentiti tali. Avevamo fatto una mini preparazione per arrivare bene alla finale e ci siamo arrivati bene, al di là delle assenze importanti”.

Altra Champions League, l’ultima, stavolta nel 2007 con Ancelotti in panchina: “Quella è una coppa che è stata voluta tantissimo. Non eravamo i più forti, non stavamo particolarmente bene – io in particolare, perché avevo dei grossi problemi alle ginocchia – e abbiamo fatto un girone di Champions League veramente brutto. Io, però, ho iniziato a dire Carlo: ‘Guarda che vinciamo la coppa’. Mi ricordo che siamo andati a Malta a fare il ritiro invernale e ho spinto l’idea di andare fino in fondo. Contro il Bayern abbiamo fatto una brutta partita ed è finita 2-2 in casa. Il giorno della partita di ritorno abbiamo cambiato la nostra mentalità e la nostra forma fisica e ci ha permesso di giocare due partite super nelle semifinali contro il Manchester”.

Sulla vittoria dello Scudetto nel 1999 con Zaccheroni e sulla scelta di giocare con la difesa a 3: “La vecchia guardia era stata messa in discussione. E’ stato un sogno, ma anche un azzardo. Non eravamo sicuramente i più forti, ma abbiamo bluffato. Abbiamo fatto sì che la nostra convinzione arrivasse anche agli altri, che hanno rallentato, e noi abbiamo fatto all in vincendo le ultime 7 partite. Difesa a 3? A me non piaceva tanto, anche se nella maniera in cui giocavamo potevo avere un ruolo anche nell’impostazione. Per me il Milan deve sempre giocare con 4 difensori, perché è stata l’impronta più importante degli ultimi 25 anni, però devo dire che grazie a questa idea abbiamo avuto la possibilità di vincere che, probabilmente, giocando in un’altra maniera, non avremmo avuto”.

I giocatori che lo hanno sorpreso maggiormente: “Desailly è arrivato come difensore. La sua posizione è stata un po’ casuale, perché durante gli allenamenti si sentiva ‘ma questo dove lo mettiamo?’ Poi ad un certo punto è stato messo davanti alla difesa e da lì è diventata una diga incredibile. Di Kakà si sapeva poco, ma sono bastati penso 20 minuti di allenamento. Di Sheva si sapeva tanto, ed ha confermato. Desailly è stato quello che ha sorpreso più di tutti”.

i giocatori che non hanno reso come avrebbero potuto: “Ce ne sono stati tanti. Da Di Canio, che è passato da noi ma non è riuscito a fare niente di importante. L’ultimo è proprio Alexandre Pato, che ha fatto un’ottima carriera. Le sue caratteristiche dovevano, però, portarlo ad essere tra i primi tre giocatori al mondo. Le caratteristiche sono una cosa, poi la completezza del giocatore e della persona sono un’altra. Anche se Pato, soprattutto negli ultimi anni, è tornato ad essere un giocatore importante”.

L’addio al calcio, con l’ultima partita a Firenze: “Un po’ di magone dentro me l’ha lasciato. Comunque ho lasciato tanti rapporti personali. La carriera del calciatore è fatta soprattutto di rapporti personali – e questa è una delle cose che mi son mancate di più – e poi lasciavo l’adrenalina del pre gara, dell’entrare a San Siro e di giocare partite importanti. Queste son state le cose che mi son mancate di più, soprattutto nei primi anni”.

Si torna anche a parlare d’attualità, con l’ufficialità di Carlo Ancelotti al Napoli: “Mi ha sorpreso tantissimo, perché l’ho visto all’addio di Andrea Pirlo e non mi ha detto nulla, anche se vedevo che era un po’ con la testa tra le nuvole. Credo che questa scelta sia data dalla sua grande voglia di allenare e dal fatto che non ci fossero alternative nel Paese dove credo lui volesse stare, ovvero l’Inghilterra. E’ giusto che uno come lui alleni e che faccia l’esperienza in un ambiente diverso, ma che non è poi tanto diverso da ciò che è stato il suo inizio di carriera con Parma, Juventus e Milan e di conseguenza non avrà problemi”.

Infine sulla possibilità di un ritorno al Milan: “Beh, visto com’è andata, assolutamente sì. Anche perché era il club di mio papà, il club della mia città, il club che ha accompagnato i miei figli nella loro giovane carriera da ragazzini”.

 

Giacomo Giuffrida – Redazione MilanLive.it

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