MILAN NEWS – Era il 15 maggio del 1988 quando il Milan conquistava il primo scudetto dell’era Silvio Berlusconi e il primo titolo di Arrigo Sacchi.
Sono passati trent’anni da quell’inaspettato e incredibile trionfo, arrivato dopo una lunga ed avvincente lotta con il Napoli. Una squadra, quella rossonera, ricca di fenomeni in campo e di un fenomeno in panchina. Ma il vero punto di forza era un altro: “La società veniva davanti a tutti noi. Senza il presidente Berlusconi nulla sarebbe stato possibile. Lui ce lo diceva sempre: si può far diventare possibile l’impossibile“, ha sottolineato l’ex tecnico nell’intervista rilasciata per l’occasione a Sportmediaset.
La rivoluzione del calcio del Milan di Sacchi è passata anche da quello scudetto. Inizialmente però nessuno pensava che si potesse vincerlo: “Era difficile immaginarlo. Berlusconi ci credeva, e anch’io mi convinsi in fretta. Ma la squadra non era pronta. Ricordo che Tassotti mi disse: “Mister, oltre al quarto passaggio non riusciamo a pensare. Va bene il primo, il secondo, ma poi si fa dura”. Questa fase è durata un po’, ma poi piano piano vedevo che i ragazzi si stavano convincendo che era possibile un altro calcio. E fu la svolta“.
L’allenatore portò una nuova metodologia di lavoro. Un’interpretazione diversa del calcio, mai vista prima di allora. Ma per realizzarla in campo ci è voluto del tempo: “Mi dava grande soddisfazione vedere crescere i sincronismi. Il presidente Berlusconi era stato chiaro: bisognava vincere, giocare bene, farsi apprezzare anche dai rivali. La missione era chiara, bisogna giocare da squadra per esaltare i singoli. Questo è un concetto che anche oggi non appartiene a quasi nessuno, in Italia. E non mi riferisco solo al calcio. E poi serviva, e serve, l’ossessione. Cesare Pavese diceva: “Non c’è arte senza ossessione“.
Quel Milan fece impazzire i tifosi rossoneri, ma non solo. Tutta l’Italia, infatti, riconobbe la forza della squadra e la bellezza del suo gioco. E se si parla di forza e bellezza, impossibile non pensare a Marco van Basten. Ma la differenza la faceva il collettivo: “Era l’intelligenza collettiva a fare la differenza. Poi Van Basten era meraviglioso, certo. Riuscimmo a fare innamorare tutti grazie a questo. Pensi che il primo anno avevamo 30mila abbonati, il secondo 60mila. La vera vittoria era quella…“.
Intervenuto anche a Tutti Convocati, Sacchi ha spiegato la differenza con la Juventus, vittoriosa per il settimo anno consecutivo in Italia: “Gioca un calcio italiano, non si può contestare Allegri ma il modo di giocare non è quello che serve per vincere in Europa”
Redazione MilanLive.it