NEWS MILAN – Mathieu Flamini guarderà con molto interesse la sfida Milan-Arsenal di Europa League stasera. Ha trascorso sette anni a Londra, in due momenti diversi, e cinque a Milano. Le esperienze più importanti della sua carriera, che ora ha fatto tappa nel Getafe in Spagna.
La Gazzetta dello Sport ha fatto un’intervista proprio al centrocampista francese, per commentare questo big match tra nobili decadute: «Fa strano, senza dubbio. Siamo tutti abituati a vedere Milan e Arsenal in Champions, però non bisogna fare gli schizzinosi. Si riparte anche così, i grandi club rinascono sempre e io credo di sapere gli ingredienti giusti: lavoro e unione».
Flamini per la partita di stasera a San Siro non farà il tifo per nessuna delle due squadre, preferisce rimanere neutrale nell’occasione: «E come potrei. Milan e Arsenal sono state due esperienze incredibili, due club di altissimo livello, decisivi per la mia carriera. In Italia tifo Milan, in Inghilterra Arsenal, ma stavolta… molto banalmente, che vinca il migliore. Chi andrà avanti sarà tra le favorite per vincere l’Europa League».
Nella sua esperienza al Milan il giocatore di Marsiglia ha avuto modo conoscere Gennaro Gattuso, suo compagno per alcune stagioni e oggi tecnico rossonero. A Mathieu viene chiesto se Rino possa diventare l’Arsène Wenger milanista, restando tanti anni sull’attuale panchina: «Perché no? Conosce il club come le sue tasche, è riuscito a cambiare l’inerzia della stagione in poco tempo. Non mi stupisce vederlo allenare, già da giocatore studiava molto: tattica, avversari, conosceva bene il pallone e mi diceva che un giorno gli sarebbe piaciuto stare in panchina. Sarei felice se restasse a lungo, per il suo legame col Milan sarebbe una storia bellissima. E poi l’ho già detto: la parola magica è stabilità. Auguro al Milan di tornare subito in Champions e a Rino di restare a lungo su quella panchina».
A Flamini viene anche ricordato di quanto lui e Gattuso giocavano assieme e per certe caratteristiche sicuramente si somigliavano: «Io amo ricordare quando eravamo insieme in campo: adoravo andare “alla guerra” con lui, che è sempre stato un leader. Due caratteri simili, senza paura della battaglia, parlavamo la stessa lingua e a me piaceva molto quando la parlavamo uno accanto all’altro».
Redazione MilanLive.it