MILAN NEWS – Da qualche mese tempo si erano placate le voci riguardanti Yonghong Li, proprietario del Milan e personaggio attorno al quale sono circolati sempre molti dubbi. Nonostante abbia assolti i suoi impegni con il club, le perplessità sul suo conto sono rimaste da parte di molti.
Dopo l’inchiesta del New York Times di qualche mese fa, oggi arriva un articolo del Corriere della Sera a cura della nota giornalista Milena Gabbanelli, che si occupa proprio del presidente del Milan. Yonghong Li avrebbe praticamente chiuso l’acquisizione del 99,3% delle quote rossonere per 740 milioni di euro, una cifra praticamente incredibile, mentre in Cina la situazione finanziaria era tutt’altro che rosea.
Sul noto quotidiano si legge che la holding Jie Ande, di proprietà di Yonghong Li, detiene l’11,39% della società di packaging Zhuhai Zhongfu (quotata alla Borsa di Shenzhen per 60 milioni di euro). Dal 2015 quella partecipazione era in pegno alla Jiangsu Bank come garanzia di un prestito. Soldi che non sono stati restituiti, pertanto nel maggio 2016 la banca fa causa alla holding dell’attuale patron del Milan per insolvenza. E il 7 febbraio 2017 il tribunale del popolo di Futian stabilisce che il quelle azioni in pegno vengano messe all’asta.
Ovviamente c’è un ricorso da parte di Jie Ande, ma esso a maggio 2017 viene respinto. Dunque deve avvenire la vendita coattiva del pacchetto azionario di cui sopra per risarcire la Jiangsu Bank. Nel frattempo Yonghong Li ha già acquisto il Milan ad aprile e poi a giugno ha presentato le credenziali su onorabilità e solidità. Tutto a posto e in estate viene fatto un calciomercato faraonico da oltre 200 milioni. Marco Fassone, però, si mette a caccia di un soggetto che rifinanzi il debito contratto con Elliott Management Corporation. 303 milioni più interessi da restituire entro ottobre 2018. 180 prestati alla Rossoneri Lux per completare il closing, 123 al Milan per campagna acquisti e altro.
Nel frattempo il Tribunale fissa l’asta giudiziale per la quota nella società Zhuhai Zhongfu. E’ stabilita per il 2 febbraio 2018. Ma l’8 gennaio arriva un’altra tegola per Yonghong Li. Stavolta è la banca di Canton, a cui non sono stati ripagati i prestiti, a chiedere la liquidazione per bancarotta della holding Jie Ande. A Shenzhen l’asta su Taobao (l’E-Bay cinese) del 2 febbraio viene rinviata, perché c’è la richiesta di liquidazione per bancarotta della Banca di Canton che si accavalla alle pretese risarcitorie della Banca di Jiangsu.
In Italia escono voci inerenti una presunta indagine di riciclaggio nell’ambito dell’operazione Milan, ma la Procura di Milano smentisce. E lo stesso Yonghong Li prende posizione dichiarando che è stato tutto trasparente. Gli advisor che si occuparono della trattativa rassicurarono Fininvest sulla solidità di Yonghong Li. Marco Samaja della banca Lazard scrisse a Fininvest «Non abbiamo riscontrato nulla di pregiudizievole a carico di mister Li Yonghong che dispone di adeguate risorse finanziarie per realizzare l’operazione». In realtà, pare che l’uomo d’affari cinese fosse da tempo insolvente.
Viene dunque da chiedersi come abbia fatto un personaggio con una holding fallita per ‘pochi’ milioni a impegnarsi in un’operazione da circa 1 miliardo. Come advisor coinvolto nella trattativa c’è stata anche la nota banca d’affari Rothschild, dove lavora il consigliere d’amministrazione rossonero Paolo Scaroni. L’ex numero uno di ENI ed ENEL è amico di Silvio Berlusconi.
Il CorSera scrive che le possibilità sono tre: 1) Yonghong Li è realmente molto ricco, finora ha tenuto nascosto il suo vero tesoro che forse non può far emergere, e non paga i debiti perché è distratto; 2) è semplicemente un mitomane che ha fregato tutti; 3) si è prestato a interpretare la parte in un gioco più grande di lui nel quale i soldi e le garanzie non sono suoi.
Keivan Karimi – Redazione MilanLive.it