MILAN NEWS – Qualche risata, tante risposte precise e senza peli sulla lingua. E quel concetto di mentalità ed intensità che continua ad essere citato per non far perdere il senso del suo lavoro. Gennaro Gattuso si è presentato così come nuovo allenatore del Milan.
Ieri è andata in scena la conferenza stampa di presentazione dell’ex numero 8, che ha subito creato ilarità nei cronisti presenti ammettendo: “Non voglio fare la fine del 9 e del 10”. Chiaro riferimento ai flop dei suoi ex compagni di squadra Pippo Inzaghi e Clarence Seedorf, che sulla panchina del Milan hanno sprecato le rispettive chance.
Come scrive la Gazzetta dello Sport, dopo un inizio un po’ timido da ‘padrone di casa’, Gattuso si è lasciato andare e ha cominciato a donare risposte svelte e chiare: “Il formicolio allo stomaco da allenatore è sempre stato lo stesso che avevo da giocatore. Figuriamoci qui al Milan, questo per me è un sogno che continua, questo è il paradiso”.
Guai a chiamarlo traghettatore però: “Non mi sento un traghettatore. Potrei pensarlo se mancassero quattro partite, ma ci sono in ballo ancora 72 punti. So di non piacere a tutti, ma io so quali doti ho e cosa posso dare. Sembra che in questi anni abbia allenato solo gli Esordienti, ma ho più di cento partite sulle spalle in campionati diversi. Trovo anche riduttivo parlare sempre del Gattuso calciatore grintoso e rabbioso. Certo, mi conoscete, se gioco a calcetto con mio figlio voglio vincere… Ma vorrei ricordare che sono stato a Coverciano, ho studiato parecchio e continuo a farlo, il patentino non me l’hanno regalato e le partite si preparano anche con la tecnica e la tattica, non solo con cuore, grinta e cattiveria. Se sento prevenzione nei miei confronti? Quando giocavo mi davano dello scarpone e dicevano che ero fortunato, ma la fortuna l’ho trovata grazie al lavoro duro, fermandomi a lavorare più tempo degli altri. Ho sempre saputo i miei limiti, e questo è sinonimo di intelligenza”.
La parte finale della sua conferenza è dedicata ai calciatori e alla gestione del gruppo a Milanello: “Il gruppo non è solo la squadra, ma tutti coloro che le ruotano intorno. I giocatori comunque devono fare di più. Dobbiamo diventare squadra, saper soffrire. E aiutarsi, con spirito battagliero e compattezza, anche se fuori dal campo non si è amici. Esiste un Dna Milan, nel gruppo ci sono regole da rispettare, usanze, senso di appartenenza e disciplina. Per giocare a calcio bisogna far fatica e quando si perde, a Milanello dev’essere come un funerale, deve bruciare il … Ho anche premesso ai ragazzi che a volte gli potrà arrivare qualche parola fuori posto: non dovranno essere permalosi…” Tra parole forti e ironia assoluta, l’era Gattuso è cominciata.
Keivan Karimi – Redazione MilanLive.it