Inzaghi: “Milan, in Europa puoi andare in fondo. Atene? Che ricordi”

Filippo Inzaghi
Filippo Inzaghi (©Getty Images)

NEWS MILANFilippo Inzaghi è uno che di notti europee con la maglia rossonera se ne intende. E sicuramente AEK Atene-Milan di stasera qualche ricordo glielo fa venire.

Sì, perché nella Champions League 2006/2017 la squadra greca fu avversaria di quella di Carlo Ancelotti nella fase a gironi e poi proprio su quel campo si giocò la finale contro il Liverpool, vinta 2-1 anche grazie alla doppietta di Pippo.

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l’attuale allenatore del Venezia spiega che effetto gli fa vedere il Milan tornare a giocare ad Atene: «Quando penso all’Olimpico penso a qualcosa di straordinario. Io non ci sono più tornato, anzi non sono proprio più tornato ad Atene e mi auguro di poterlo fare, ovviamente da allenatore. Sarebbe una grande emozione. Mi auguro che l’Olimpico sia di buon auspicio per il Milan e che da lì possa ripartire per tornare in alto. L’habitat naturale del Milan è la Champions, ma il presente impone di ripartire e se il presente si chiama Europa League occorre affrontarla a testa alta senza fare gli schizzinosi. Rossoneri fino in fondo? Sì perché hanno un organico importante e quindi occorre quantomeno provarci. Anche se quando si cambia molto comunque serve tempo».

In seguito Inzaghi ha raccontato alcuni ricordi di quella serata di maggio 2007 che ha visto lui e il Milan tornare sulla cima d’Europa: «Mi è rimasto impresso il campo, davvero bello. E il tunnel che porta al campo. Non finisce mai, ci vuole una vita per sbucare fuori. E poi gli spogliatoi, grandissimi. Ma credo che una finale di Champions amplifichi tutte le sensazioni… In realtà non mi piacciono gli impianti con la pista di atletica, mi piace sentire la gente addosso, ma per me è e resterà lo stadio più bello del mondo».

Pippo ha proseguito menzionano alcuni flash che gli vengono in mente di quella magica serata di Champions League contro il Liverpool: «L’invasione di campo di mio papà e mio fratello, il taglio della torta con Berlusconi, la coppa che ho portato dagli spogliatoi al pullman e… anche il rammarico per non averci dormito insieme (ride, ndr). Beh, dormire in realtà è una parola grossa. La prima notte ho dovuto prendere un sonnifero e nelle successive dieci, giuro che non sto scherzando, non ho proprio dormito. Mi svegliavo di continuo pensando sempre di sognare. I due gol? Il primo è stata fortuna. Il secondo credo sia l’emblema di tutta una carriera. Non ho mai esultato così, mai provato un’emozione del genere, sono stato a un passo dal piangere, ma non potevo perché bisognava ancora giocare».

Come tutti sanno, sembrava che fosse Alberto Gilardino l’attaccante designato a giocare titolare quella finale, però poi Ancelotti decise di affidarsi al più esperto Inzaghi, che spiega: «Beh, in realtà il giorno prima Ancelotti mi prese da parte e mi disse: “Non ho dubbi, giochi tu”. Però non stavo bene, ero mezzo stirato e quindi avevo addosso una pressione enorme. Pensavo: se nella prima ora di gioco non riesco a combinare nulla, mi aspetta una sostituzione inevitabile».

L’ex centravanti ha avuto un passato grandioso da giocatore del Milan, mentre sono andate male le cose quando si è seduto sulla panchina della Prima Squadra da allenatore. Però non ha rimpianti: «No, non ne ho. Semplicemente, occorre trovarsi al posto giusto nel momento giusto e mio fratello alla Lazio ne è la prova migliore. Al Milan ho gestito un gruppo complicato in un momento difficile e questo mi ha fatto capire che posso fare questo mestiere. Montella? Gli auguro il meglio».

 

Redazione MilanLive.it

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