MILAN NEWS – Chi meglio di un fratello può raccontare le proprie sensazioni e carpire lo stato d’animo di una persona? Ecco perché la Gazzetta dello Sport di oggi è andata ad intervistare Paolo Berlusconi, fratello minore dell’ex presidente del Milan, il grande Silvio, che ha da poco ceduto le quote del suo storico club ai cinesi.
L’interesse primario è proprio sull’umore del ‘Cavaliere’, che di certo non può dirsi soddisfatto di aver lasciato in altre mani una delle sue creature più belle e vincenti: “Sapevamo che prima o poi il closing si sarebbe concretizzato, ma in realtà non si può ritenere di essere mai davvero preparati di fronte a uno scenario del genere. Non dopo 31 anni – ha ammesso Paolo, editore de Il Giornale – Silvio distrutto? Non esageriamo. Molto addolorato, questo sì. Il Milan è sempre stata una questione di cuore e non di affari. E’ la sua creatura. Lungo gli ultimi mesi ho visto farsi strada in lui nello stesso momento la convinzione di dover vendere e il dispiacere per doverlo fare. E più aumentava la convinzione, più aumentava il dispiacere“.
Paolo Berlusconi racconta anche i motivi che hanno spinto il fratello a lasciare la proprietà, ipotizzando un avvenimento in particolare: “Dopo l’operazione al cuore ci ha mandato un videomessaggio in cui diceva che da quel momento avrebbe avuto più tempo per la famiglia. Lì abbiamo capito, e la conferma è arrivata nelle nostre successive riunioni familiari del lunedì ad Arcore, che finivano col suo via libera alla vendita. Detto con una faccia che potete immaginare…Vorrei chiarire che la famiglia non l’ha mai obbligato a fare nulla. Anzi, gli è stato detto più di una volta: “Se vuoi tenere il Milan è un tuo diritto e continueremo a sostenere economicamente il club anche se è complicato”. Ma in lui ha prevalso la razionalità. D’altra parte fino a quando gli utili di Fininvest sono stati di un certo tipo, i sacrifici economici sono stati compatibili”.
La proprietà ora è di origine cinese; le sensazioni sono positive, ma P. Berlusconi svela un retroscena sulla cessione del Milan: “Silvio si è dispiaciuto di non aver consegnato il club a un imprenditore milanese, o quantomeno italiano. Non si è fatto avanti nessuno ed è un peccato perché in quel caso credo avrebbero potuto esserci delle agevolazioni nell’acquisto. La prima ipotesi era stata cedere una quota di minoranza, ma evidentemente Mr. Bee era il cavallo sbagliato. Il progetto industriale era valido e interessante, però è mancata l’aggregazione degli investitori. Mr. Li ha perso i soci per strada a causa delle restrizioni cinesi. Adesso che ha in mano il Milan potrà muoversi con più di calma e troverà senz’altro dei partner. Ai tifosi dico di stare tranquilli perché la sua, a differenza di Silvio, non è un’operazione di cuore, ma di business. Ed è proprio questa la garanzia. Inoltre mio fratello ha preteso nel contratto garanzie di investimenti cospicui. Ed è una tranquillità anche la presenza di Elliott: se qualcosa andasse storto, il fondo garantirebbe una soluzione. E’ interesse anche loro”.
Infine alcune rivelazioni sul rapporto tra Berlusconi e il vecchio Milan, gli allenatori e la volontà di non essere solo presidente onorario: “Si è informato per capire se avrebbe potuto dialogare con l’allenatore, magari dare indicazioni, e gli è stato risposto di no. Allora ha preferito dare un taglio netto. Con Capello e Ancelotti c’era una condivisione di vedute che in questo decennio non c’è più stata. Non ho più visto la stessa affezione. Con Montella c’era una gran stima, ma anche idee diverse sui ruoli. Nelle ultime riunioni familiari del lunedì, il Milan è sempre stato il primo e ultimo argomento. Anche nei momenti più caldi dal punto di vista delle altre attività aziendali, il Milan ha la precedenza. A volte, mentre si sta parlando di altre cose, anche molto serie, lui ferma tutti e per qualche minuto si mette a disquisire di tattica e di formazioni: e guai a chi lo interrompe.”
Redazione MilanLive.it