MILAN NEWS – C’è una sorta di attaccamento alla vecchia liturgia rossonera tra i tanti tifosi del calcio occidentale presenti in Cina. Oggi vanno per la maggiore i fenomeni come Leo Messi o Neymar, ma le maglie del Milan sono ancora frequenti in estremo oriente, in ricordo dei bei tempi andati e dei trofei conquistati anche in Asia durante l’era Berlusconi. In tal senso, la Gazzetta dello Sport ha effettuato un importante reportage nel vasto paese asiatico, con l’intento di dissolvere i dubbi sulla cordata che sta comprando il club e sui suoi componenti usciti allo scoperto.
Il risultato è che i dubbi e gli intrighi attorno alla cessione delle quote del Milan sono sempre più grandi, visto che da Pechino alle province limitrofe nessuno sembra conoscere Yonghong Li, rappresentante numero uno della cordata. Si diceva che avesse un paio di società quotate in Borsa ed un patrimonio niente male, ma non sembra proprio rispettare certe previsioni. Feng Yin, titolare di una società leader di new media, ha ammesso: “Mai visto prima” – commentando la foto che ritrae Li accanto a Silvio Berlusconi. Eppure si rincorrono le voci della ricerca di fondi a Shanghai per chiudere l’operazione Milan. In ballo ci sono ancora 420 milioni da versare a Fininvest per il closing. Senza dimenticare i 220 inerenti i debiti e i 350 per gli investimenti triennali. La Sino Europe Sports, società veicolo creata dai cinesi per questo affare e di cui Yonghong Li è presidente, ha rassicurato tutti con un comunicato recente.
Anche James Tian, coordinatore della CINN, una delle maggiori banche di investimento cinesi, ha confermato i dubbi: “Gli investitori non sono noti, non sono player di primo livello della finanza e non lavorano nell’industria sportiva. Per i cinesi è più coerente che i club di calcio vengano acquistati da società o imprenditori già avviati”. Difatti l’azionariato diffuso non è una strada battuta da quelle parti, dove invece sembra avere più risonanza e successo il gruppo Suning, una singola azienda multi-milionaria che ha acquisito le quote dell’Inter da qualche mese.
Nessun singolo azionista dovrebbe avere quote rilevanti: pare che il tetto sia attorno al 15%. Jilin Yongda Group, società quotata a Shenzhen e indicata ufficiosamente come investitore, aveva impegnato sul Milan 300 milioni di renminbi, ossia 40 milioni di euro, corrispondente a meno del 10% delle quote. In totale i soci dovrebbero essere 7-8: convinti a investire nel Milan con la promessa di elevati rendimenti, magari attraverso la quotazione in Borsa. Il piano prevede l’utile nel 2017-18 (negli ultimi due anni persi 181 milioni) grazie a un’impennata del fatturato.
Il rebus su Yonghong Li e compagnia non finisce qui: si parla da tempo di una partecipazione del Governo cinese tramite Haixia Group, fondo inserito ufficialmente tra i soci di Sino-Europe Sports, ma in realtà non è statale. Si tratta di una società controllata al 40% dalla provincia di Fujian. Niente a che vedere con il Governo del presidente Xi Jinping. Nelle intenzioni dei cinesi il Milan non sarà una società ‘colonizzatrice’, bensì un’azienda cinese in tutto e per tutto che si appoggerà sulle relazioni con numerose società-partner. Una vera e propria scommessa per Li e compagnia, con un occhio all’area commerciale e sullo sviluppo del brand, una possibilità non remota di arricchimento ma non così semplice da sfruttare secondo le testimonianze di manager locali e tifosi. E quell’ufficio nella polverosa Changxing, possibile sede della Sino-Europe Sports, a cui ancora non risponde nessuno, neanche al citofono. Però i primi 100 milioni di caparra sono stati versati e c’è ottimismo sulla chiusura dell’operazione.
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Redazione MilanLive.it