Milan, i perché del declino in tre punti

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Barbara Berlusconi, Sinisa Mihajlovic, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani (acmilan.com)

Il prossimo 20 febbraio, l’era Silvio Berlusconi compirà precisamente 30 anni. Non ci sarà né il tempo né il modo di festeggiare, vista l’attuale situazione in casa Milan, terribilmente simile proprio al 1986: i primi posti della classifica sono lontanissimi, per non parlare del distacco fra i rossoneri e le big d’Europa. La situazione economica, invece, si è risollevata rispetto agli anni recenti, ma non troppo. E lo conferma la disperata ricerca di investitori stranieri.

L’edizione odierna di La Repubblica ha analizzato il declino del Milan in tre punti. Per iniziare, non c’è bisogno di andare troppo indietro con gli anni. Gli ultimi successi nel 2011, con scudetto e Supercoppa Italiana, poi è arrivato quel maledetto maggio del 2012: l’addio dei senatori e le cessioni di Paris Saint-Germain di Thiago Silva e Zlatan Ibrahimovic. L’inizio della fine.

Da quel momento in poi, solo delusioni su delusioni. A partire dall’ottavo posto nell’anno dell’avvicendamento Massimiliano Allegri-Clarence Seedorf, poi il decimo posto con Filippo Inzaghi alla guida e ora con Sinisa Mihajlovic, che ha nella Coppa Italia l’unico obiettivo, porta di servizio per l’Europa.

Il secondo punto, invece, riguarda strettamente Berlusconi e i mancati investimenti. Adriano Galliani ha dovuto condurre campagne di calciomercato all’insegna del parametro zero. Inevitabile, dunque, l’arrivo di calciatori mediocri e sicuramente non adatti a vestire la maglia della società di via Aldo Rossi, salvo Giacomo Bonaventura e pochissimi altri. Ma le critiche all’amministratore delegato riguardano anche l’ultima sessione, con i 90 milioni spesi per calciatori forse sopravvalutati. Terzo e ultimo punto, ma non meno importante, la confusione societaria.

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