Nel giorno del compleanno numero 69 di Arrigo Sacchi, storico ex allenatore di Milan e Nazionale italiana, uno dei suoi vecchi pupilli come l’ex portiere Giovanni Galli ha deciso di fargli gli auguri in modo speciale, rilasciando un’intervista ricca di stima e ricordi del suo periodo rossonero, come riportato dal sito Gianlucadimarzio.com:
Quando Sacchi arrivò al Milan lei faceva già parte della rosa. Quale fu la principale differenza? Di metodo o di mentalità?
“Chiunque fosse stato l’allenatore precedente e qualunque fosse stata la squadra il risultato sarebbe stato lo stesso. Lui arrivò al Milan, ma se fosse andato alla Roma, alla Juve o all’Inter, non sarebbe cambiato il risultato. Era unico. Il suo modo di lavorare, di preparare le squadre, di trasmettere la sua identità, era diverso da tutti. Non voglio dire che è stato un rivoluzionario perché sarebbe un termine inappropriato, ma sicuramente è stato un innovatore in quello che lui chiedeva, proponeva e che poi è riuscito ad ottenere”.
Quindi un mix di allenamento sul campo e nella testa?
“Avevamo sistemi di allenamento ben diversi, basati sull’organizzazione, ma un’organizzazione finalizzata alla sicurezza, all’autostima. Noi dovevamo pensare solo ed esclusivamente a ciò che stavamo facendo durante l’allenamento e a ciò che dovevamo riproporre la domenica in campo. Non ci preoccupavamo mai dell’avversario di turno e di quale tattica avrebbe proposto. Avevamo il nostro sistema di gioco e lo dovevamo esasperare nell’ordine, nell’intensità nella qualità: avevamo una nostra identità e quella doveva essere. Questa è stata la grande rivoluzione, passare da un calcio passivo come era quello italiano, a un calcio attivo come quello portato da Arrigo Sacchi. Secondo me un cambiamento epocale. Questo è Arrigo Sacchi”.
Il più grande allenatore italiano?
“Questo non lo so, posso dirlo per quanto mi riguarda. Per me lo è stato perché ho toccato con mano la qualità del lavoro e i risultati di quel lavoro. Non posso sapere se lo stesso parere vale per altri giocatori che hanno avuto allenatori diversi. Dire se lo è stato in assoluto per tutti non lo so, per me sicuramente sì”.
Il trionfo indimenticabile?
“Penso il primo, perché è quello che ha dato il via a tutto quello che è successo dopo. Se noi non avessimo vinto a Napoli, con quel famoso 3 a 2, e non avessimo vinto quello Scudetto, non avremmo avuto accesso alla Coppa dei Campioni. Un tempo non era come oggi che basta arrivare terzi o quarti per accedere alla Champions. In quei tempi o vincevi il campionato o… vincevi il campionato, non si sfuggiva. Quindi penso che la vittoria dello Scudetto nella stagione 1987-1988 sia stato di fondamentale importanza per i trionfi successivi, e di conseguenza la vittoria decisiva, quella da ricordare. Troppo facile citare una finale e scordarsi i percorsi. I campionati si scordano più facilmente perché non c’è una finale, anche se quel Napoli-Milan 2 a 3 ne aveva quasi il sapore: fu una vittoria indimenticabile”.
Vuole fare un augurio particolare per il compleanno di Sacchi?
“Gli faccio tanti auguri e sono fatti da chi l’ha sempre stimato e lo ringrazia per avergli dato questa opportunità. Non vederlo in campo, non vederlo coinvolto, è una grande perdita per il calcio. Non appropriarsi della sua cultura, dei suoi concetti, del suo lavoro e della sua esperienza, è un grave peccato. Secondo me, ancora oggi, è un tecnico che potrebbe dare molto, quanto meno per insegnamenti e concetti: basta vedere ad esempio il lavoro che è stato fatto con le selezioni giovanili italiane. Non so se gli faccio un piacere, perché non so se è quello che desidera, ma il mio augurio particolare è questo: Arrigo, spero di vederti presto in campo, il calcio italiano ha bisogno di te”.
Redazione MilanLive.it