Arrigo Sacchi è una leggenda del Milan. E’ stato il primo allenatore vincente dell’era Berlusconi e nel suo palmares troviamo 1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana, 2 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe Europee e 2 Coppe Intercontinentali. Ma oltre e vincere tanti trofei, il tecnico di Fusignano è stato un grande innovatore portando nel calcio idee nuove sia per quanto concerne il lavoro negli allenamenti e sia sul gioco da esprime in campo.
A La Gazzetta dello Sport l’ex allenatore ha raccontato alcuni episodi della sua carriera al Milan partendo proprio dagli inizi: “Arrivai a Milano e dissi: «Vi saluto e vi ringrazio: avete avuto coraggio, e così io firmo in bianco. Mi date fiducia e io vi ripago in questo modo»“. Ma non fu facile per lui prendere in mano le redini della squadra rossonera, perché la sua esperienza era poca e c’era chi guardava con dubbio ai suoi metodi: “Il mio arrivo a Milano fu, come sempre, difficile. L’impatto con la squadra fu dirompente, c’era diffidenza ma non prevenzione, dicevo cose diverse sia sul calcio, sia sulla mentalità da tenere in campo, sia nella programmazione degli allenamenti. In Italia io ero visto come un eretico. L’ambiente del calcio e una parte dei giornalisti mi consideravano un eversore, un diverso, un avversario, perché mettevo in crisi la loro leadership e il loro ruolo di detentori di un sapere antiquato, vecchio, mentre i giovani e i meno conservatori mi guardavano con interesse“.
Il Milan nei primi anni in cui Silvio Berlusconi ne divenne proprietario spendeva molti soldi e riusciva ad assicurarsi qualsiasi giocatore volesse, ma Sacchi spiega qual era la sua idea svelando un aneddoto interessante: “Una volta Galliani mi disse: «Guarda, Arrigo, che puoi spendere quello che vuoi, non ci sono problemi!». «No» risposi, «dobbiamo comprare i giocatori che ci servono per la squadra e il gioco, e se costano poco tanto meglio, così avrete anche più pazienza: spesso chi spende molto pretende risultati subito»“.
Prima dell’arrivo di Finivest nel mondo del calcio, era la Juventus della famiglia Agnelli a spadroneggiare in Italia. Sacchi racconta un episodio inedito del quale è stato protagonista e che riguarda proprio i bianconeri: “Mi trovavo ad Arcore, in casa di Berlusconi, quando lui ricevette una telefonata da Cesare Romiti, che allora era un importante manager della Fiat e molto vicino alla Juventus. Romiti gli disse: «Mi ha detto l’Avvocato di riferirti di lasciar stare quel giocatore perché interessa a noi!». Berlusconi era appena entrato nel mondo del calcio, gli Agnelli e la Juventus erano la storia del calcio italiano. Io mi ricordo che stuzzicai un po’ il presidente e lo toccai nel vivo: «Dottore, se dobbiamo diventare la squadra più forte del mondo, non possiamo lasciare le prime scelte agli altri. Ci complicheremo la vita! Non possiamo subire pressioni da altre società per il nostro operato». Il volto di Berlusconi si rabbuiò. Non l’avevo mai visto così arrabbiato. Prese il telefono e richiamò Romiti: «Non permetterti più di fare una telefonata del genere!»”.
Infine l’ex coordinatore delle nazionali giovanili italiani spiega come riuscì a persuadere Berlusconi a comprargli Carlo Ancelotti nonostante i problemi fisici che aveva: “Berlusconi si trovava a Saint Moritz. Gli telefonai. «Mi compri Ancelotti, è un gran giocatore, un professionista esemplare, un ragazzo straordinario, un esempio per tutti.» «Ma come faccio a comprarle un giocatore che ha la funzionalità ridotta del 20 per cento?» «Ma dove sono queste funzionalità ridotte?» chiesi al presidente.«Nel ginocchio» rispose lui.«Il ginocchio non mi preoccupa, mi sarei preoccupato se le avesse avute in testa.» Lo convinsi“.
Redazione MilanLive.it