Alla Gazzetta dello Sport di oggi parla anche Emilio Faroldi, docente del Dipartimento di Architettura e membro della società Arup, leader in progettazione e ingegneria. L’architetto ha firmato il progetto dello stadio rossonero e parla delle innovazioni e delle basi di tale piano edilizio.
Professore Faroldi, qual è la filosofia del progetto?
«Abbiamo approcciato al progetto sviluppando subito i temi fondamentali di quest’opera: ovvero parliamo della sostenibilità ambientale, del concetto di uno stadio urbano smart che sia facilmente raggiungibile attraverso il trasporto pubblico, e che sia a basso impatto. Uno stadio, inoltre, che s’identifichi più come un edificio, come un pezzo di città, e non come una macchina da business da attivare esclusivamente per l’evento sportivo una volta alla settimana».
Qual è stato il punto di partenza?
«La ricerca scientifica che, attraverso una serie di studi, ci dice chiaramente che il ruolo degli stadi in Europa e nel mondo sta progressivamente cambiando. Gli stadi non sono più pensati solo come un luogo per gli eventi sportivi, seppure aperti tutta la settimana, ma come un pezzo utile a riordinare l’insieme urbano di una città, di un quartiere».
Calandoci nell’area del Portello di Milano, qual è stato il primo scoglio da superare?
«Ci siamo dati un obiettivo: quello di non consumare il suolo. Ci troviamo in un’area strategica della città di Milano, nella quale abbiamo immaginato che uno stadio pensato così potesse recuperare e aiutare a risolvere le problematiche urbanistiche del quartiere. E qui nasce l’idea di uno stadio intelligente, a impatto zero».
Qual è la grande differenza di questo stadio rispetto agli altri impianti più conosciuti nel mondo?
«La nostra idea dimostra la tendenza molto in voga in alcune città del mondo: uno stadio non può più essere solo un oggetto del design, ma deve essere molto urbano, capace di colloquiare con il territorio e di entrare a far parte senza traumi del paesaggio e della città. Sarà unico e con caratteristiche molto milanesi».
Avete studiato 70 impianti, ma alla fine a quali vi siete ispirati?
«Soprattutto all’Emirates di Londra (dell’Arsenal, ndr ), al St. Jakob-Park di Basilea, al nuovo San Mamés di Bilbao, al Neuchatel Xamax Stadium».
Quindi, come sarà la casa del Diavolo?
«Adeguata per carisma e importanza al prestigio e agli obiettivi di un club come il Milan. Sarà legata al futuro, guarderà al futuro, sarà proiettata nell’evoluzione del mondo del calcio. Si confronterà con la contemporaneità e si legherà molto bene al contesto milanese».
Redazione MilanLive.it