Montolivo: “Sogno di alzare un trofeo da capitano. Inzaghi lavora alla grande, ma meritiamo questa classifica”

Riccardo Montolivo (Getty Images)
Riccardo Montolivo (Getty Images)

La Gazzetta dello Sport apre la propria edizione odierna con una maxi intervista a Riccardo Montolivo, il centrocampista e capitano del Milan rientrato a dicembre in rosa dopo un lungo infortunio. Ecco le sue parole sulla stagione corrente e sui progetti futuri del club e suoi personali:

 
Montolivo, quando giocherà nel suo vero ruolo? «Quando vorrà l’allenatore. L’ho sempre detto, il ruolo che si adatta meglio alle mie caratteristiche è quello di regista davanti alla difesa. Però so adat­ tarmi e questo è un punto di forza».

 

Due anni fa il Milan cambiò volto grazie anche al suo spostamento in mezzo. Potrebbe accadere di nuovo? «Io non ho la bacchetta magica. E poi è difficile ca­ pire quanto incise realmente quel cambiamento. Non dimentichiamo che arrivò pure Balotelli. Già adesso, comunque, Inzaghi mi chiede di fare il re­gista decentrato. Noi giochiamo con il centrocam­pista centrale che si abbassa molto e io posso occu­pare lo spazio lasciato da De Jong, anche se non è un meccanismo facile».

 

Cos’è successo dopo Dubai? Dove si è nascosto il bel Milan che aveva chiuso bene il 2014? «Il nostro problema è mentale: non riusciamo a te­nere attaccata la spina, a restare concentrati per 90 minuti. La differenza tra una squadra grandissima e una che ha “solo” giocatori importanti è proprio questa».

 

Qual è la classifica giusta del Milan? «Quella che abbiamo, per adesso. Juve e Roma so­ no più forti. Ma con lo spirito operaio e crescendo sotto il punto di vista mentale possiamo giocarcela con tutti gli altri».

Berlusconi non la pensa così.
«E’ giusto che il presidente sogni in grande. Ma dobbiamo confrontarci con questa realtà. Lui ha un carisma indiscutibile e ogni visita ci rende felici e ci carica. Parlare con lui è stimolante. Ma il presiden­te non può risolvere tutti i problemi».

 

In realtà almeno qualcuno potrebbe risolverlo: investendo sul mercato.
«I grandi acquisti sono sempre ben accetti, ma io credo sia più importante lavorare su di noi, sui no­stri difetti. Quella è la chiave».

 

Il mercato dell’Inter vi ha spaventato? «No, anche se ha fatto acquisti importanti».

 

Nello spogliatoio sentite la rivalità cittadina? «Certo. Ne parliamo. Puntiamo ad arrivare prima di loro. Questo è il momento di guardarci allo spec­chio e capire cosa vogliamo diventare».

 

Parliamo un po’ di Inzaghi? «Ha grandissima autorità e non è scontato per un tecnico giovane. E’ una calamita per tutti noi. Ha un’idea di gioco ben chiara, mi ricorda il Prandelli della Fiorentina. Deve ancora imparare il mestiere, commetterà degli errori, ma può diventare un grandissimo allenatore».

 

E’ troppo buono con voi? «Mah. Non direi. Mi vengono in mente un paio di situazioni in cui si è arrabbiato moltissimo: contro il Genoa, il Sassuolo. E’ molto sanguigno, viscerale. Sente e vive la partita. Magari adesso può servire più bastone e meno carota».

 

Inzaghi ha sempre cambiato formazione. E’ alla ricerca della formula giusta? «A prescindere dai titolari l’idea di calcio del nostro allenatore è ben definita e in campo sappiamo cosa fare».

 

Come mai fallite sempre le partite-verità? «E’ successo contro le provinciali: fatichiamo un po’ contro chi si chiude, anche perché davanti ab­biamo giocatori veloci, quasi contropiedisti».

 

Con il centravanti classico in campo vi trovate meglio? «Possiamo giocare con il centravanti classico o con Menez che fa quasi il regista offensivo. Non è que­ sto aspetto che ha condizionato il nostro rendimen­to. Io preferisco l’attaccante che cerca la profondi­tà, è più facile da servire».

 

Nel 4-2-3-1, però, lei sarebbe più centrale e avreste anche il centravanti classico.
«Rischieremmo di essere ultra offensivi, per le caratteristiche dei nostri esterni. Io non avrei problemi: ho giocato così con Seedorf e Prandel­li».

 

Perché Torres ha fallito nel Milan? «Per problemi di ambientamento e per l’esplosione di Menez. Torres è un ragazzo fantastico».

 

Lei come sta adesso? «Dopo un lungo infortunio è normale partire forte e poi avere una flessione. Adesso sono in crescita».

 

Tutti i grandi capitani del Milan hanno una foto in cui sollevano una coppa. A lei quando toccherà? «La Coppa Italia è il nostro obiettivo primario e l’al­tra sera l’abbiamo dimostrato. Mi piacerebbe co­minciare così».

 

Chi vince lo scudetto? «La Juve»

 

Se il Milan si qualificasse per l’Europa League, quale aggettivo sceglierebbe per definire la stagione? «Migliore della precedente, ma non soddisfacente».

 

Domenica lei festeggia i 30 anni in campo contro la “sua” Atalanta. Facciamo un bilancio? «Mi mancano dei trofei: sono a quota zero… Sono comunque orgoglioso. Restoaffezionatissimo al­l’Atalanta, sono stato capitano in un club glorioso come la Fiorentina. Ho fatto Confederations Cup e una finale europea, ho giocato un Mondiale e quasi due. Le circostanze mi hanno tenuto lontano dalle vittorie: magari nelle grandi squadre c’erano gio­catori migliori di me».

 

E’ capitano del Milan, ma è un Milan poco competitivo. «La fascia era un sogno. Nessuno di noi fa paragoni col passato: prima a Milanello c’erano mostri sacri, leggende del calcio europeo. C’è una netta diffe­renza tra quel Milan e questo Milan».

 

Però nell’estate del 2013, dopo la rimonta che portò al terzo posto con un girone di ritorno percorso alla velocità della Juve, non sentì vicino il momento di arrivare al successo? «Sì, pensavo di poter vincere. Ma a livello mentale non eravamo all’altezza».

 

Se ripensa a Balotelli, cosa le viene in mente? «Innanzitutto mi viene da ridere. Mario era diver­tente, un ragazzo buono. E poi penso che sia un peccato non vedere tutte le domeniche il suo talen­to. Anche in allenamento lo vedevamo a sprazzi. Balotelli deve mettere ordine nelle sue priorità».

 

Che succede a El Shaarawy e De Sciglio? «Devono essere un po’ più cattivi, ma sono un patri­monio per il Milan e per l’Italia. E un calo dopo un grande impatto è fisiologico. El Shaarawy deve tro­vare equilibrio: quei quattro mesi pieni di gol han­no trasmesso l’immagine di un giocatore diverso. Lui fa un grande lavoro difensivo, non può segnare 30 reti a stagione, ma 15 sì».

 

Perché non segnate mai su calcio piazzato? «Non so: è frustrante perché ci lavoriamo tanto».

 

E’ curioso di confrontarsi con i metodi di Conte? «Sì. Ho parlato con lui a Milanello. Comunque an­che con Inzaghi lavoriamo moltissimo».

 

Ma all’estero si gioca a un altro ritmo.
«E’ vero: noi andiamo più piano anche all’inizio perché si cerca di leggere la partita dal punto vista tattico».

 

Nel Milan ci sono cinque giocatori più l’allenatore che hanno un passato nell’Atalanta. «Ricordo che alla cena di Natale del 1995 io ero un Pulcino e chiesi l’autografo a Inzaghi, che quell’an­no fu capocannoniere. Baselli? Mi piace».

 

Cristante è stato lasciato andare. «E’ stata una cessione condivisa: lui voleva più spa­zio, il Milan non poteva garantirglielo».

 

Cosa pensa delle polemiche arbitrali? «Mi hanno stufato: spesso sono usate per coprire un proprio errore. Gli arbitri sono bravi e comun­que non vedere un fuorigioco di 20 cm per me non è un errore. Sono però felicissimo della tecnologia per i gol fantasma».

 

Uno stadio nuovo vi aiuterebbe? «Aiuterebbe la società a trovare introiti diversi quelli dei diritti tv. E aiuterebbe la squadra, perché ad esempio lo Juventus Stadium fa la differenza. Poi, io sono un romantico e giocherei tutta la vita a San Siro che è lo stadio più bello del mondo. Ma questa è un’altra storia».

 

Da ex viola, è sorpreso che con Neto si riviva la stessa vicenda che riguardò lei? «Non conosco la situazione, ma mi dispiace che non giochi. Queste cose succedono solo in Italia».

 

Che tipo di capitano è Riccardo Montolivo? «Più che parlare, cerco di dare l’esempio.
I comportamenti sono importanti».

 

In conclusione, cosa si aspetta dal 2015? «Uno scatto mentale da ognuno di noi. Il cam­pione è grande contro il Real e contro una squa­ dra di B. Non dobbiamo più concedere nulla, nemmeno in allenamento. Bisogna tirare fuori le unghie. Abbiamo i valori per arrivare al terzo posto».

 

Redazione MilanLive.it

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