Torres: “Milan scelta giusta, avevo bisogno di stimoli. Voglio vincere come Inzaghi”

Fernando Torres
Fernando Torres

Fernando Torres alla caccia del gol e della prestazione che lo possa sbloccare, e cominciare a vivere davvero la sua prima stagione con la maglia del Milan da protagonista. Lo spagnolo, fermo al gol contro l’Empoli, ha parlato oggi al Corriere dello Sport, scommettendo su sè stesso e promettendo grande impegno nel futuro rossonero.
Fernando Torres, ma che effetto fa avere Pippo Inzaghi come allenatore?

«Ottimo, non c’è che dire. Inzaghi mi dà molti consigli, sicuramente può completare la mia maturazione. Io l’ho visto giocare, può essere di grande aiuto per un attaccanti».

Da Benitez e Mourinho, ottimi allenatori ma senza un pedigree di calciatore, El Nino adesso è stimolato da un vero e proprio «cannibale» da area di rigore.

«Non credo che sia fondamentale essere stato un grande campione per poter allenare ad alto livello. Da un punto di vista tecnico-tattico la competenza può essere apprezzabile. Ma, devo ammetterlo, Inzaghi mi può capire. Chi ha giocato a calcio ha un “extra” in più da poter proporre ai suoi giocatori. Inzaghi è come Aragones che ha fatto la storia dell’Atletico».

In quali circostanze un Inzaghi può essere veramente fondamentale?

«L’allenatore che è stato anche calciatore, che nel caso specifico è stato un campione importante, ha qualcosa in più da proporre nel movimento, nella giocata che solo chi ha fatto agonismo ad alto livello può conoscere e interpretare in un certo modo».

Torres, quindi, vuole diventare un nuovo… Inzaghi?

«Lui è stato un grande attaccante, si tiene la sua storia, la merita e deve esserne orgoglioso. Io sono qui per vincere, per restare molti anni, per sfruttare un altro grande momento del Milan che mi ha dato una possibilità importante. Il mio obiettivo è vincere prima di tutto lo Scudetto. Sì, certo: vorrei vincere quiello che ha vinto lui qui al Milan».

In effetti nella sua carriera Torres non ha mai conquistato un titolo nazionale né in Liga né in Premier. Ma la Serie A potrebbe essere più semplice anche per lui?

«No, ma questo Milan ha voglia di tornare vincente, è desideroso di recuperare il terreno perso in questi ultimi anni».

Eppure qualcosa c’è che non funziona con Inzaghi: nell’ultima sfida contro il Chievo, Torres non ha gradito la sostituzione.

«Ho chiesto a Tassotti perché tocca sempre a me uscire prima dal campo? A me non piace essere cambiato, a nessuno piace essere sostituito. Ma io non ho nessun problema, con nessuno. Ma mi piace giocare 90’».

Tutte le partite sono uguali?

«Certo, io non faccio differenze. Non importa l’avversario, io voglio sempre esserci».

Qualcuno ha voluto individuare il Milan come l’ultima… spiaggia per la carriera di Torres.

«Io non sarei così drastico. La verità è che sono arrivato in un momento della mia carriera dove necessitavo di un cambiamento».

Ma con quali presupposti?

«Volevo un posto da titolare, volevo sfruttare una buona opportunità, anche se restare ancora al Chelsea per me non sarebbe stato un problema. Il 25 agosto mi allenavo con Mourinho, poi è arrivata l’offerta del Milan».

Che cosa può garantire il Milan a Torres?

«Sta costruendo una grande squadra, anche se è fuori dall’Europa vuole tornare grande anche se non era abituato a questa situazione».

Quanto hanno inciso Galliani e Inzaghi?

«Qui al Milan mi volevano tutti. Avevo avuto contatti con altri club, ma nessuno mi desiderava come quello rossonero».

In passato, almeno una decina d’anni fa, Torres era stato molto vicino al Milan.

«Sì, è vero. Quando c’erano buone relazioni fra le due società. Quando ci furono scambi importanti, anche con giocatori di livello come Albertini, Coloccini, Contra, Javi Moreno, Josè Mari».

Perché non se ne è mai fatto nulla?

«A quei tempi l’Atletico non vendeva i suoi campioni….».

Ma a Torres sarebbe piaciuto giocare in quel Milan, con qualche anno di anticipo?

«A chi non sarebbe piaciuto? Ci sarebbe stato solo l’imbarazzo della scelta. I miei Milan preferiti? Quelli del doppio 4-0 delle finali di Champions League contro Steaua (1989; ndr) e Barcellona (1994; ndr). Avrei voluto giocare nel Milan di Shevchenko e Inzaghi… Certo che ci sarei venuto in quel Milan. Chi non vorrebbe fare parte della storia di un club così importante? Ora è diverso, si lotta per tornare in Europa».

Quali difficoltà ha incontrato Torres nel campionato di Serie A?

«Lo seguivo già da prima, è come mi aspettavo. È molto tattico, è difficile trovare spazio nelle difese di molte squadre».

Cosa manca a Torres per imporsi definitivamente anche con la maglia del Milan?

«Devo imparare ad adattarmi al meglio al gioco italiano. È vero: ad Empoli ho segnato, ma non c’era margine per manovrare. Ci sono stati grandi affollamenti in area di rigore».

Inzaghi quali consigli specifici sta dando a Torres?

«Mi devo abituare a trovare il tempismo giusto sui cross che arrivano in area di rigore. Devo imparare a essere più veloce negli triangoli dove ci sono frequenti uno-due».

Fra i grandi estimatori di Torres c’è anche il presidente Berlusconi.

«Non mi era mai capitato di avere un presidente così competente e appassionato di calcio… Quando parliamo è sempre molto bene informato, dimostra un grande interesse per il Milan, gli piace molto il calcio».

Ma la Serie A potrebbe essere più adatta alle caratteristiche di Torres rispetto alla Liga e alla Premier?

«Non esiste un campionato che vada più o meno bene per un calciatore. Il successo dei singoli dipende dal gruppo, dalla forza della squadra, dal suo momento».

Cosa è cambiato in questi anni?

«Una volta si diceva che in Premier gli inglesi sapessero giocare solo con il pallone lungo, solo di forza e di corsa. Liverpool, Chelsea e Manchester City, in realtà sono squadre molto organizzate. Sono i calciatori che si devono adattare alle squadre, non il contrario».

Meglio il 4-3-3 o il 4-2-3-1 per il Milan di Torres?

«…Meglio che io giochi… Il modulo per me non è mai stato un problema».

Torres non è riuscito a essere profeta in patria con l’Atletico di Madrid con il quale ha conquistato solo una promozione dalla Segunda division nella Liga. C’è qualche rimpianto per la super-squadra allenata da Simeone?

«Io sono contento per loro, sono felice che siano riuscito a diventare il top-club a livello mondiale. Una cosa è certa: se dovessi tornare nella Liga indosserei solo la maglia dell’Atletico. E per quanto mi riguarda mi fa piacere pensare che la mia cessione (estate 2007, oltre 30 milioni di euro il valore stimato dal Liverpool; ndr) sia servita per costruire questa squadra».

Ma non c’è neppure il rimpianto per non essere stato un campione del Real Madrid o del Barcellona?

«Real e Barça non significano nulla… Per me giocare in una di queste due squadre non sarebbe stato un passo in avanti».

Il Milan consentirà a Torres di riconquistare anche la Nazionale?

«Sì, anche questo è uno dei miei obiettivi. Non chiudo certo io la porta in faccia alla Selezione di Del Bosque».

Come è stata accolta in Spagna la decisione di Torres di continuare la sua carriera nel Milan?

«Molto bene. Tutti hanno accolto molto bene questa decisione, quella più giusta per la mia carriera. Avevo bisogno di fare una nuova esperienza, di ritrovare stimoli importanti».

Mourinho che importanza ha avuto in questa situazione?

«Nonostante sia interista, mi ha parlato molto bene del Milan. Avrebbe voluto anche tenermi, ma non mi ha certo nascosto l’importanza del nuovo attaccante (Diego Costa; ndr) del Chelsea. Lo scambio di opinioni con Mourinho è stato importante».

Fra le tante buone abitudini di Torres c’è quella di studiare meticolosamente gli avversari prima di ogni gara.

«Quando giocavo nel Liverpool visionavo personalmente dvd dove studiavo le caratteristiche del portiere e dei due centrali. Adesso lo faccio collettivamente, insieme ai miei compagni di squadra».

Fernando Torres, campione anti-gossip…

«Si parla più di altri calciatori perché fanno vendere i giornali… Io sono stato sempre legatissimo alla mia famiglia. E poi l’unico pensiero che fa fede nel calcio è quello che dice il campo».

Quando Torres è stato presentato ufficialmente a Casa Milan è rimasto oltre 2 ore a firmare autografi ai tifosi… Non è da tutti.

«Io penso che questo atteggiamento faccia parte del mio lavoro. Se un tifoso ha l’opportunità di incontrare un calciatore 30’ non bastano… Comunque chi si comporta diversamente è libero di farlo».

 

Redazione MilanLive.it

 

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