MILAN DE JONG – Intervista mattutina a Nigel De Jong, mediano del Milan che anticipa i temi dell’importante derby di campionato alla Gazzetta dello Sport:
De Jong, come si immagina questo derby dopo la delusione dell’andata?
«Sono situazioni diverse. All’andata avremmo dovuto restare sempre concentrati sugli inserimenti dei centrocampisti, ma questa sarà una partita diversa. Per loro, per noi che abbiamo due giocatori nuovi e un altro allenatore. E i tifosi che amano così tanto il Milan potranno darci una mano».
A proposito di tifosi, quando i curvaioli hanno protestato, lei è stato, con Kakà, l’unico straniero ad avere ricevuto attestati di stima. Sorpreso?
«I tifosi ti apprezzano se vedono che dai sempre tutto. Credo di essere entrato nel loro cuore per questo. Quanto ai modi di avere rapporti con loro, a volte sono un po’ strani, come è successo dopo Milan-Parma. Ma finché c’è rispetto va tutto bene. Ci hanno chiesto un colloquio e sono stati rispettosi, quindi nessun problema».
Le pare una procedura appropriata? Probabilmente non le era mai successo prima…
«In Inghilterra, in Germania è diverso, i fan sono più distanti. Qui i tifosi sono molto emotivi e interagiscono con la squadra. E’ una cultura diversa e va compresa».
Quei colloqui arrivavano in un momento critico, mentre ora va un po’ meglio. Si è fatto un’idea di quello che non ha funzionato in questa stagione?
«Non si può parlare di un solo motivo. Abbiamo qualità, ma a volte non abbiamo agito come squadra. Alla fine ognuno di noi dovrà mettersi davanti a uno specchio e chiedersi: “Ho dato davvero il cento per cento per i miei compagni?”. Perché se non dai il cento per cento per il gruppo, tutto diventa difficile. Il Milan deve essere sempre nei primi tre, anzi due club d’Italia. Io ragiono così, e mi pare che stiamo ricreando piano piano la mentalità giusta».
Raccontano di uno spogliatoio diviso.
«Certa gente ama parlare, questo è vero. Per me lo spogliatoio è come un santuario, è uno stato inviolabile, come il Vaticano. Alla fine dobbiamo essere in grado di guardarci in faccia e fidarci l’uno dell’altro, e qualche volta quest’anno non è stato facile. Possiamo litigare, discutere: siamo uomini, non bambini. Ma chi parla all’esterno rompe le regole».
Raccontavano che lei avesse litigato con Balotelli, che conosce bene, dai tempi del City. In Italia dicono che Mario non cresce mai.
«E’ che in Italia Balotelli è speciale, Mario è Mario, e non è sempre facile essere Mario. Hai gli occhi puntati addosso, continuamente. Però io da Manchester a Milano ho visto un cambiamento: a Manchester si comportava in modo molto più bizzarro. Mario ha talento ed è un bravo ragazzo, ma a volte bisognerebbe mettergli il paraocchi per tenerlo concentrato».
A lei Seedorf piace?
«Essere allenatore è diverso da essere giocatore, ma Seedorf è un vincente e vuole bene al club. A volte discute con i giocatori, ci ho discusso anch’io che sono suo amico, però è per il bene del club. Seedorf sta imparando tante cose ed è logico, fa l’allenatore da pochi mesi. Mi pare che stia facendo un buon lavoro».
Il sistema di gioco è stato un problema?
«Non penso che ci si debba lamentare per il sistema di gioco. L’allenatore decide e i giocatori devono adattarsi. Se non gradiscono, alla fine della stagione se ne possono andare».
Sorpreso di aver riconquistato la nazionale dopo un infortunio così grave?
«Ho sempre avuto fiducia in me stesso, e nel calcio se vuoi, puoi. A volte il corpo dice basta: è quello che è successo al mio, ma l’infortunio mi ha reso più forte. E in questa stagione ho potuto fare vedere le mie qualità».
Che sono quelle di mediano. Com’è la vita da mediano in un club che dovrebbe puntare sempre al bel calcio?
«Non sono Balotelli o Kakà, però provo soddisfazione a lavorare per loro. Io sono l’uomo che deve prevenire il gol e intercettare palloni. E’ questo il mio mestiere».
Che cosa pensa della fine del tiqui taca?
«Non so se il tiqui taca sia morto, so che funzionava nel Barça perché avevano attaccanti strepitosi, altro che possesso palla. E mi fa ridere chi critica Mourinho perché vince mettendo un bus davanti alla porta. Boh. Se uno vince, basta quello. Il calcio anche in Europa è pieno di sorprese e mi piace l’Atletico Madrid in finale. E’ un piccolo club rispetto ad altri, ma sono lì perché lottano sempre: sono gladiatori, e mi piace vederli giocare. Il football è tutto nel risultato».
Principio poco olandese, d’altra parte lei è anomalo nel panorama oranje e dopo il Mondiale 2010 fu molto criticato nel suo Paese per il fallo su Xabi Alonso.
«Non mi importa delle critiche. Cerco di volarci sopra, tanto le critiche passano. Le critiche rappresentano un problema soltanto per la mia famiglia: loro ci restano male».
Cerca rivincita in Brasile?
«Cerco la soddisfazione di giocare un altro Mondiale dopo una stagione stressante».
Stagione che può finire senza Europa…
«L’Europa League passa per il derby e noi vogliamo arrivare in Europa. Perciò questo derby vale di più: è un euroderby. Ci giochiamo tanto, ma sono queste le serate eccitanti. E noi abbiamo sensazioni positive».
Redazione MilanLive.it