Trecento. E viene troppo facile l’accostamento storico con il manipolo di spartani che sfidò l’esercito persiano alle Termopili. Kakà come re Leonida. Senza paura, con la fierezza di chi nasce comandante, uomo guida e punto di riferimento. Ricky fa trecento, e per sua fortuna si tratta soltanto di partite di pallone, anche se spesso diventano battaglie. Sono quelle combattute con la maglia del Milan, un traguardo che toccherà stasera contro il Chievo. Dentro queste sue trecento sfide sono racchiuse sette stagioni e 102 reti sparpagliate fra campionato ed Europa. Soprattutto, ci sono coppe alzate al cielo, un Pallone d’oro, separazioni traumatiche, tifosi accecati dalla rabbia e dal dolore, e ritorni pieni di speranza. Questa storia che non si è mai chiusa oggi permette a Ricky, dopo i 100 gol, di raggiungere un traguardo denso di emozioni e di trofei. Sei titoli, che però non sono sufficienti a racchiudere e a raccontare il legame profondo fra Kakà e il Milan.
Sms Riccardino, lo chiama Galliani. Lo chiamava così anche quando lungo le estati degli ultimi anni sospirava a lungo, cullando l’idea di riportarlo in rossonero per poi scontrarsi con gli iceberg della fiscalità spagnola. Alla fine ce l’ha fatta, e ora non ha più bisogno di rileggersi gli sms che il brasiliano gli mandava dopo qualche vittoria. Come nella notte romana dell’ultimo scudetto. Galliani aveva preteso il silenzio nel salone in festa: «Mi è arrivato un messaggio di Riccardino…». Trecento volte Kakà significa anche un ragazzo che a 31 anni si è stufato di giocare senza sorriso a Madrid e si è rimesso in gioco col suo antico amore. Per la nazionale, certo, perché il Mondiale in Brasile è un sogno irrinunciabile per un brasiliano; ma anche per i colori rossoneri, sacrificati cinque anni fa sull’altare del bilancio.
Luce Ora il Kakà-bis ha una valenza che va oltre i confini del campo. In una squadra più o meno da rifondare, nell’anno zero del club, figure come la sua sono luce nella nebbia. La strada da mostrare ai compagni. Durante il faccia a faccia di due settimane fa a San Siro con la squadra, gli ultrà hanno detto a Balotelli: «Devi diventare come Kakà». E non hanno aggiunto altro perché essere «come Kakà» racchiude già tutto. Un piccolo tesoro che Seedorf sta gestendo con tutte le cure: «Può dare ancora tanto – raccontava ieri Clarence –. Solo che è un generoso, fosse per lui farebbe avanti e indietro tutta la partita, e io lo devo frenare perché a me serve che giochi vicino alla punta». Dettagli, per Ricky, che resta un cultore dell’ottimismo: «Tutti insieme usciremo da questa situazione. Mai pentito di essere tornato». E nessuno è pentito di averlo fatto tornare.
Fonte: Gazzetta dello Sport