Assalto alla casbah San Siro. La polizia ha lanciato la fase finale della lotta senza quartiere alle frange ultrà rossoneri che hanno trasformato la curva in un territorio dove imporre regole, affari, potere e ricatti. Minacciando quegli interlocutori che nel calcio hanno voce legittima: gli altri tifosi, la stessa società per la quale tifano. E’ la sfida ad un vero e proprio “sistema” percorso da infiltrazioni, amicizie, parentele e addirittura embrioni di alleanze non solo occasionali con la criminalità organizzata, in particolare con la ‘ndrangheta.
LE DENUNCE -Ieri la Questura di Milano ha comunicato di aver denunciato trentacinque ultras, per lo più appartenenti al gruppo totalizzante, quello che occupa il secondo anello, “Curva Sud Milano”. I provvedimenti sono conseguenti alla giornata di domenica scorsa, quella in cui la sconfitta contro il Parma è stata preceduta e seguita da rilevanti fatti di ordine pubblico: contestazioni, minacce e incontri sul filo della regolarità tra ultras e rappresentanti di squadra e società. Le imputazioni sono tipiche di queste situazioni: minacce, istigazione a delinquere, porto abusivo di oggetti atti ad offendere (art.12 delle norme che regolano l’ordine pubblico negli eventi sportivi), manifestazione non preavvisata. Conseguenti sono i d.a.spo, le misure restrittive che impediscono alle persone coinvolte di assistere alle gare sportive. Si pensava che in un primo momento potessero esserci donne tra i 35. Invece ieri la conferma: solo uomini.
MILAN-PARMA -Due i fatti sui quali la Squadra tifoserie della digos di Milano ha lavorato da domenica scorsa: le contestazioni fuori dal perimetro dello stadio (per le quali sono state avviate le denunce) e l’incontro interno fra una delegazione ultras e una del Milan, svoltasi in un locale adiacente alla zona catering di San Siro, ben oltre le scale che dal parcheggio vip portano al cuore dell’impianto. Incontro favorito dalla mediazione di un noto ristoratore milanese che gode della fiducia di capi ultras e dei vertici rossoneri.
IL COMUNICATO -L’attività della Polizia è stata accompagnata da un comunicato diramato ieri che è utilissimo per contestualizzare la sfida in atto e la portata della guerra agli ultra violenti. Il comunicato si conclude, di fatto, con un invito a sciogliere il pesante sigillo omertoso che impedisce di colpire al cuore le attività più pericolose che spesso sfociano in «punizioni, regolamenti di conti, che avvengono sempre negli stadi in punti oscuri» le cui «vittime ritengono opportuno non denunciare mai l’accaduto per paura di ulteriori ritorsioni». La Questura invita perciò «la parte sana del tifo a fare fronte comune nei confronti di poche decine di soggetti denunciando le vessazioni subite ed isolando i tifosi violenti».
CACCIA AGLI ACCOLTELLATORI -Bastone e carota, atteggiamento duro verso gli irriducibili e apertura nei confronti di chi volesse collaborare. A cosa? Soprattutto a trovare i colpevoli degli accoltellamenti dell’11 dicembre, il giorno di Milan-Ajax, una giornata carica di tensioni anche politiche in cui la presenza ultrà si mescolò con quella del cosiddetto movimento dei forconi. Vennero accoltellati sei tifosi olandesi con una tattica preordinata, alcuni di loro rimasero a lungo, nei giorni successivi, in pericolo di vita. Vennero denunciati 4 ultras milanisti. La digos ha individuato con chiarezza il gruppo che ha organizzato l’agguato, ma non è ancora riuscita a delineare con esattezza le responsabilità individuali. Ragione per la quale ha deciso una politica di tolleranza zero. Ogni attività ultras che non sia specchiatamente in regola, verrà duramente contrastata. Per questo si sono attivate le telecamere che hanno identificato, nel corso della contestazione di domenica scorsa, anche i cori e gli slogan che in altri momenti e in altri stadi avrebbero ricevuto minore attenzione (tra gli elementi che hanno portato alle denunce ci sono le seguenti espressioni: «siete una squadra di merda, tirate fuori i coglioni, veniamo con i bastoni»).
Come spesso accade in ambito ultras le condotte violente servono per fornire legittimità ai gruppi emergenti o servono a far uscire dall’angolo gruppi che ritengono in pericolo la propria leadership. E’ noto che a San Siro esiste una differenziazione fra gli ultras del primo anello (i vecchi del «Commandos Tigre» insieme ad altre sigle come «Brianza» e «Rem») e quelli del secondo anello dominati comunque tutti «Curva Sud» («Estremi rimedi» e «Vecchia maniera» come sottogruppi). I primi hanno sostanzialmente accettato le regole, pur mantenendo saldo il codice ultras («se mi attacchi rispondo») e avendo come obiettivo l’esposizione degli striscioni, oggetto del contendere fra chi vuole contestare più o meno duramente la società.
LA ‘NDRANGHETA -Nel secondo anello si trovano invece gli elementi più pericolosi, quelli sospettati delle azioni più violente o quelli con pericolose connessioni con la nebulosa affaristico operativa che può riferire ad attività illecite, alcune delle quali gestite da personaggi legati alla ‘ndrangheta. Già in un processo del 2007 vennero fuori certi legami. Ora sono emersi particolari ancora più inquietanti: come una insospettata contiguità con qualche capo ultrà di una tifoseria con la quale c’erano stati addirittura rapporti di belligeranza, rapporti ricuciti da contatti malavitosi. E poi c’è la connessione strategica con un gruppo della tifoseria della Juve, rafforzato da uno specifico rapporto di parentela acquisita fra capi ultras che ha origini e forza nei territori calabresi. Infine c’è da ricordare che, in caso di rinvio a giudizio dei 35 ultras denunciati potremmo assistere per la prima volta all’annunciata costituzione parte civile da parte della Lega verso i violenti. Insomma pugno duro a tutti i livelli per colpire sia a livello penale, sia economicamente. E perciò, ora, chi sa, parli.
Fonte: Corriere dello Sport