C’è stata un’isoletta di speranza nel cuore del primo tempo: Kakà che rimonta e ha la palla per il 2-1. Ma è stato un sogno travolto dallo tsunami della realtà: troppo Atletico per un Milan conciato così. Il migliore è stato Kakà, un reduce di 32 anni. Tutti gli altri insufficienti. I peggiori Essien e Rami, quelli che dovevano rafforzare la squadra a gennaio. E Balotelli, la stella del futuro? Dopo essere stato schiantato dal paragone con Higuain, è stato asfaltato da quello con Diego Costa: 2 gol, un assist, un chilometro di corsa in più del giovane milanista già all’intervallo (due alla fine). Invece di sgobbare e trascinare, Mario ha sperperato energie a bisticciare. Non è vero che il ping pong gli abbia fatto bene.
Clarence, rispondi Seedorf, con le mani nel cappottino, ha passeggiato per l’area tecnica come uno scioperato alla fermata del tram, immune dal disastro. Ma ora deve rendere conto. E’ uscito da due coppe, ha perso 6 partite su 11, la difesa ha retto 3 minuti, l’attacco ha fatto un solo tiro in porta, a centrocampo, dove si è creato il nulla, ha sbagliato scelte. La squadra è crollata atleticamente nelle ripresa come all’andata e con la Juve. Anzi, dire «squadra» è troppo: il Milan, improvvisato e slegato, non lo è mai stato. Da qui a giugno Seedorf dovrà tirare le mani fuori dal cappotto per dimostrare di essere davvero il tecnico giusto per la rifondazione. A cominciare da domenica, contro Donadoni, allenatore ricco di conoscenze, che magari farà innamorare Berlusconi, come accadeva quando Sacchi portava il Parma a San Siro. Simeone, tecnico di sostanza e gavetta, senza ambizioni diplomatiche, ha trascinato stra-meritatamente l’Atletico Madrid tra le prime otto d’Europa, dove l’Italia non c’è .
Subito incubo Se alla vigilia parli di storia e di patria, se sai che devi fare un’impresa perché l’Atletico ha vinto 15 delle ultime 16 partite Uefa, non puoi mandare in campo una squadra concentrata come uno scolaro alla ricreazione. Al 3’ Essien non può farsi strappare la palla dai piedi a quel modo da Gabi, dovrebbe difenderla come se fosse l’ultima della vita. E sul cross di Koke, il dolce Rami non può farsi scavalcare e lasciare tanto a spazio a uno squalo come Diego Costa che già all’andata gli aveva spiegato cosa può fare con mezza palla-gol. Tutto quello che gli ha negato l’azzurro Paletta una settimana fa, glielo regala Rami dopo pochi secondi. Il Milan passa direttamente dal tunnel all’incubo. Ma per quegli insondabili misteri che rendono fascinoso e unico il gioco del calcio, il vantaggio fa più male all’Atletico al Milan. Simeone, temendo che la squadre arretrasse troppo, ha scomposto il 4-4-2, ha tenuto Gabi e Mario Suarez davanti alla difesa e ha rialzato un tridente dietro a Diego Costa (4-2-3-1). La squadra ha raccolto il messaggio ed è partita sparata trovando il vantaggio, ma poi ha interpretato il gol come un timbro per gli ottavi e si è ritirato come una marea, troppo convinto delle sue (innegabili) qualità difensive. Ma così ha permesso al Milan di leccarsi le ferite, tenere palla (all’intervallo avrà il 60% di possesso) e guadagnare campo.
Orgoglio Kakà Con Essien e De Jong in tremendo affanno creativo, con Taarabt che non scioglie la corsa, con Balotelli impacciato, non è che i rossoneri spaventino, però si fanno coraggio, si avvicinano alla porta in punta di piedi e colpiscono al 27’. Balotelli gira in fascia un pallone che Poli scodella sul secondo palo: irrompe Kakà e inzucca il pareggio. Kakà che, con la maglia del Real, segnò dopo 5 minuti del suo primo al Calderon. Kakà che ha vinto tre derby sue tre qui dentro. Kakà che ha segnato 30 gol in Champions. Nessun brasiliano della storia era arrivato a tanto, al massimo Rivaldo a 27. Davanti al fuoriclasse e bestia nera Kakà, davanti al nobile Milan dalle 7 Champions, il cuore dell’Atletico si rimpicciolisce di colpo.
Balo flop E’ qui che si decide la partita, perché se il colpo di testa di Kakà al 36’ fosse andato dentro, forse… Invece lo spavento scaglia avanti l’Atletico che quattro minuti dopo fa sterzare la notte. Lo sciagurato Essien perde un’altra palla, il dolce Remi concede la sponda a Diego Costa e poi avvelena il tiro di Arda Turan: Abbiati è uccellato dalla parabola impazzita. L’impresa torna distante due gol. Seedorf la rincorre nella ripresa con Robinho per lo spento Taarabt (4-3-3), ma Balotelli, il più atteso, il più necessario, conquista solo un’ammonizione. E appena Clarence prova a forzare (Pazzini per Essien), la barca si sfascia del tutto: segnano Raul Garcia (25’) di testa da punizione (millesimo dal cielo in stagione) e ancora Diego Costa che taglia un difesa di burro. La storia che voleva fare Seedorf, l’ha fatta Simeone: nei quarti di Champions dopo 17 anni e quella volta il Cholo era in campo. Al Milan non resta che ricordare la sua. Chissà quando tornerà.
Fonte: Gazzetta dello Sport